Sono gli animali più diffusi del pianeta, dei veri conquistatori che in milioni di anni sono sopravvissuti a estinzioni di massa e catastrofi naturali, distinguendosi in milioni di forme, adattandosi quasi a ogni ambiente, volando, strisciando, saltando e diminuendo nel corso della loro evoluzione le dimensione per sfuggire ai nuovi predatori (nel carbonifero, prima dell’avvento degli uccelli, esistevano libellule grandi come gabbiani).
Parliamo degli insetti, il gruppo di creature di maggior successo che la Terra abbia mai ospitato. Tuttavia, secondo gli ultimi studi questa gigantesca fetta di biodiversità è sempre più minacciata di estinzione e il numero degli individui, specie per specie, è drasticamente crollato in tutto il mondo. Con conseguenze drammatiche. Una ricerca sullo stato degli insetti volanti in Germania, per esempio, pubblicata sulla rivista PLOS ONE, ha evidenziato che negli ultimi 27 anni la popolazione di questi animali nel paese tedesco è crollata del 75% e non se ne conosce il motivo reale. A essere più colpite sono api e farfalle in declino in tutta Europa con risvolti devastanti in particolare per gli uccelli (- 15% in Germania nell’arco di tempo oggetto di studio) e dalle piante che hanno bisogno degli insetti impollinatori per riprodursi (cioè l’80% delle specie botaniche). E non solo qui.
L’Inghilterra ha perso negli ultimi quarant’anni la metà dei suoi uccelli, proprio a causa della mancanza delle loro prede, con situazioni tragiche per alcune specie come la starna e il pigliamosche comune che sono calati del 95% mentre l’averla piccola, che si nutre di grossi scarabei, è estinta già dagli anni 90. Gli entomologi parlano ormai di catastrofe di cui, purtroppo, ci si è accordi con grave ritardo. Sia per un motivo culturale che scientifico. L’interesse per queste creature è, infatti, bassissimo, con l’esclusione forse per api e farfalle, e la maggior parte delle persone vede con favore questa diminuzione perché gli insetti suscitano per lo più fastidio e ribrezzo, certo non empatia. Dal punto di vista scientifico, invece, il problema sono gli studi di monitoraggio. Controllare tutti gli insetti è infatti impossibile. Ci aveva provato trentatré anni fa il biologo americano Terry Erwin che condusse un esperimento per contare le specie di insetti viventi su una sola specie di albero tropicale della foresta pluviale di Panama, Luehea seemannii, arrivando a 1200 specie distinte di cui 163 endemiche di quel tipo di pianta. Moltiplicando questo numero per quello delle differenti specie di albero tropicale, e considerando che la parte alta della foresta ospita il doppio di insetti rispetto al sottobosco, Erwin aveva calcolato che il numero di specie in quell’area verde si aggirava intorno ai 30 milioni.
Ma torniamo alle cause di questo declino. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che tra queste non ci siano i cambiamenti climatici, o almeno non al primo posto, dato che l’aumento delle temperature dovrebbe in teoria incrementare il numero degli insetti ma, come si è visto dai dati (tra il 1970 e il 2012), non è stato così. Anzi, il calo è risultato essere ancor più consistente (82%) proprio nel picco di calore. Secondo i ricercatori tedeschi la responsabilità della perdita massiccia di insetti è piuttosto legata all’utilizzo di fertilizzanti e antiparassitari impiegati in modo sempre più massiccio e continuato. Una conclusione che non fa ben sperare per il futuro degli insetti del XXI secolo. Per sfamare i nove miliardi di persone che ci aspetta entro il 2050 e i possibili 12 miliardi entro il 2100, infatti, il rischio è che l’agricoltura intensifichi l’utilizzo di insetticidi spruzzati sui terreni per aumentare la produzione. Ma in questo modo il numero degli insetti continuerà a crollare e senza di loro che piante potranno mai crescere? Per questo l’unica via possibile è un’agricoltura sostenibile che contrasti gli insetti nocivi valorizzando invece il ruolo di quelli “amici” come gli impollinatori e altri in grado di agire contro i primi come parassitari naturali (come le coccinelle che mangiano gli acari) o di degradare la sostanza organica. Preziosi alleati, dunque, che grazie a metodologie innovative rese disponibili dalla ricerca scientifica, possono contribuire a ridurre l’uso di sostanze chimiche nocive per la salute e l’ambiente con un notavo risparmio anche economico. I casi positivi già ci sono, come dimostrano i risultati ottenuti con questa metodologia per contrastare il Cinipide del castagno, la mosca della frutta o la mosca dell’olivo, quindi non resta che applicarli a larga scala.
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