La crescente distruzione della Natura da parte dell’umanità sta avendo impatti catastrofici sulle popolazioni di fauna selvatica.
Lo dicono le curve, pericolosamente negative, che emergono dal Living Planet Report – l’analisi del WWF sul Pianeta Vivente – che misura la riduzione delle popolazioni globali di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci.
Gorilla, orsi, pappagalli, tartarughe e storioni sono elementi fondamentali degli ecosistemi, grazie ai quali vive l’umanità, ma che stanno scomparendo.
Da qui l’importanza del Living Planet Report: l’analisi 2020 mostra un calo medio delle popolazioni di due terzi avvenuto in meno di mezzo secolo, causato in gran parte dalla distruzione degli ecosistemi.
Scarica qui il Living Planet Report:
Marco Lambertini, Direttore Generale del WWF Internazionale, avverte: «Non possiamo ignorare questi segnali. Il grave calo delle popolazioni di specie selvatiche ci indica che la Natura si sta deteriorando e che il nostro Pianeta ci lancia segnali di allarme rosso sul funzionamento dei sistemi naturali. Dai pesci degli oceani e dei fiumi alle api, fondamentali per la nostra produzione agricola, il declino della fauna selvatica influisce direttamente sulla nutrizione, sulla sicurezza alimentare e sui mezzi di sussistenza di miliardi di persone».
Il costo del “crack” ecologico
La continua perdita di biodiversità minerà il raggiungimento della maggior parte degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, compresa la riduzione della povertà e la sicurezza alimentare, idrica ed energetica. Ma la biodiversità ha anche un valore economico sbalorditivo, che dovrebbe essere riconosciuto nei sistemi contabili nazionali. Gli impatti economici del declino della natura costeranno al mondo almeno 479 miliardi di dollari all’anno, aggiungendo fino a circa 10 trilioni di dollari entro il 2050, secondo il WWF, il Global Trade Analysis Project e il rapporto Global Futures del Natural Capital Project.
Un’analisi a 360°
Il Living Planet Report (LPI) 2020 presenta una panoramica completa dello stato dei sistemi naturali, alla quale hanno contributo oltre 125 esperti di tutto il mondo. L’LPI ha monitorato quasi 21.000 popolazioni di oltre 4.000 specie di vertebrati tra il 1970 e il 2016.
La causa principale del drammatico declino delle popolazioni di specie terrestri sono la perdita e il degrado degli habitat, inclusa la deforestazione, influenzata anche dal modo col quale l’umanità produce cibo.
Le specie in via di estinzione analizzate nel LPI includono il gorilla di pianura orientale – che ha visto un calo stimato dell’87% tra il 1994 e il 2015, principalmente a causa della caccia illegale – e il pappagallo cenerino in Ghana sud-occidentale, il cui numero è diminuito fino al 99% tra il 1992 e il 2014 a causa delle trappole usate per il commercio di uccelli selvatici.
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