La richiesta è perentoria: fermare una volta per tutte il festival della carne di cane che ogni anno si tiene nel mese di giugno a Yulin, nella Cina meridionale.
La raccolta firme, rivolta direttamente al governo di Pechino,è stata lanciata dal tabloid britannico The Sun e nel giro di poco ha raccolto quasi 10mila consensi.
“In Cina le leggi a protezione dei diritti degli animali sono poche – si legge nelle motivazioni della raccolta firme – e non c’è nessuno che dia voce a questi poveri animali”.
Crudele tradizione culinaria
Ogni anno nel corso del festival di Yulin vengono trucidati oltre 15mila cani. Molti di questi sono cuccioli e molti altri sono animali domestici rapiti ai proprietari.
Le regole della tradizione sono quanto di più crudele ci possa essere: dopo interminabili viaggi stipati l’uno sull’altro in microscopiche gabbie di rete, i cani vengono bastonati, scuoiati e gettati in acqua bollente ancora vivi.
Secondo il credo popolare, infatti, è proprio l’adrenalina rilasciata dagli animali negli ultimi terribili istanti di vita a rendere la carne tanto prelibata.
Un orrore difficile da concepire, ma che in Cina continua ad avere un forte seguito, richiamando decine di migliaia di partecipanti da tutta la nazione. Non mancano le controversie legate anche all’aspetto igienico-sanitario: macellata senza alcun controllo, la carne di cane è spesso veicolo di malattie.
E, sebbene lo sdegno internazionale sia unanime, in patria le proteste per fermare la manifestazione sono state flebili.
Resta, infatti, isolato il gesto generoso compiuto da Yang Xiaoyun. Nel 2014 la donna ha pagato 150mila yuan (oltre 2mila euro) per salvare 360 cani e decine di gatti dalla mattanza del festival e l’anno successivo ha pagato di tasca propria 7mila yuan (poco meno di mille euro) per liberare 100 cani.
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