Come ogni mattina, mi godo il mio caffè fuori dalla porta di casa, contemplando le grandi acacie e ascoltando gli uccelli che comunicano tra loro. Questo mi fa pensare, come ogni mattina, a quanto sia drammatica la perdita di fauna dei nostri tempi. Mi sento estremamente legata alla terra in cui vivo e alla fauna selvatica che mi circonda e vorrei che le persone avessero già imparato il valore di questi animali e avessero stabilito con loro una forte connessione personale.
di Mireia Villalonga
Mireia vive in Tanzania, non lontano dalla città di Arusha
Forse, il fatto di vivere in Tanzania, la terra della giovinezza dell’uomo, amplifica la connessione con la natura selvaggia che mi circonda. Mentre sorseggio il mio caffè, mi chiedo quali possano essere delle vie efficaci per avvicinare le persone alla natura. Penso alla fotografia, per esempio. Vivendo qui, dedicarsi alla fotografia è quasi doveroso, visto il patrimonio a disposizione. Questo strumento di comunicazione è immediato e molto potente, visto il forte impatto emotivo che ha sulle persone e mi chiedo “potrebbe essere usato per stimolare il desiderio di stabilire una personale connessione con la natura, promuovere l’accettazione della presenza della fauna su un territorio condiviso dall’uomo, laddove non lo sia, se non addirittura aiutare a promuovere il desiderio di questa presenza?”
Decido che il primo passo da fare per rispondere a queste domande è parlarne con Charlie Wemyss Dunn, fotografo naturalista.
Charlie, inglese di nascita, ha iniziato con la fotografia quando aveva solo 17 anni. Ha ricevuto la sua prima macchina fotografica professionale come regalo di Natale, qualcosa che non aveva mai usato prima, proprio quando stava per partire per una gita di studio in Nepal con il dipartimento di biologia.
Il viaggio al Chitwan National Park, nel sud del Nepal, gli ha letteralmente cambiato la vita, era la sua prima esperienza nella wilderness e fuori dal Regno Unito. Da quel momento si è letteralmente innamorato della fotografia, impegnandosi in un percorso di studio autonomo per capirne a fondo il funzionamento e i segreti.
«Ricordo che durante quel viaggio, feci quello che per me è rimasto il più incredibile degli incontri: uno splendido maschio di tigre» racconta Charlie. «Eravamo solo noi – pochi di noi – a pochi metri da lui, elegante, regale, bello da togliere il fiato» gli occhi di Charlie brillano ancora quando richiama quell’immagine «fu una sensazione straordinaria anche ancora adesso quando riguardo quelle fotografie sento il fascino che quella natura, quella fauna e quei paesaggi hanno esercitato su di me».
Sono in totale sintonia con i sentimenti di Charlie. C’è qualcosa di speciale nelle fotografie. Hanno il potere di riportarti a momenti vissuti o a esperienze che avresti voluto vivere e farti sentire come se fossi stato lì. E sì, sono uno strumento incredibile per stabilire una connessione con una persona, un animale o un paesaggio. “Sì – penso fra me e me – siamo sulla strada giusta per trovare uno strumento per promuovere la coesistenza”.
Charlie ed io discutiamo anche di quali elementi contribuiscono a fare della fotografia di un animale selvatico una grande fotografia. Secondo lui, un elemento critico è sicuramente la contestualizzazione «la fotografia dovrebbe raccontare l’animale nel suo ambiente naturale – spiega Charlie –. Questo aiuta a catturarne l’essenza, a facilitare il passaggio di conoscenza, a immedesimarsi nelle condizioni dell’animale e a interpretarne i comportamenti, a comprenderne le necessità e questa “empatia” immediata, che parte da un solo sguardo, riesce a stabilire un legame di comprensione fra il soggetto della foto e chi la guarda generando una sorta di senso di parentela».
«Una delle mie foto preferite ritrae un leopardo protetto dall’ombra generata dal sole, da cui emergono solo parte del muso e l’occhio. Per me, questo cattura l’essenza di un leopardo, la sua linea, la sua eleganza, il suo muoversi furtivo fra ombra e ombra e mi piace pensare che chi guarda questa fotografia non sia catturato solo dalla bellezza dell’immagine, ma riesca a percepire l’essenza del leopardo, il suo senso, la sua “personalità” e che questa connessione di conoscenza immediata e intuitiva possa contribuire a suscitare il desiderio di essere entrambi su questo pianeta, di coesistere con loro e non di perseguitarli».
«Inoltre, se pensiamo a una fauna molto vicina a noi, come i gorilla – prosegue –possiamo usare le fotografie per raccontare la storia della nostra genetica condivisa, con un bel ritratto, per esempio che cattura lo sguardo di un maschio silverback o descrive una madre che gioca con il suo cucciolo. L’origine della tenerezza è lì».
Charlie menziona anche l’importanza di riuscire a raccontare le storie di chi vive condividendo il proprio territorio con la fauna, o combatte perché questa coesistenza possa verificarsi. Entrare in sintonia con le comunità, capire cosa significa esattamente nel quotidiano ‘coesistenza con gli animali’, vedere chi si occupa di conservazione al lavoro sul campo o le guide, che portano i turisti a scoprire la bellezza della natura, anche raccontare questo attraverso le foto, stabilisce connessioni importanti.
Charlie pensa che molte fotografie siano scattate solo per il loro valore artistico e che bisognerebbe andare oltre la mera immagine, spiegare le storie che la generano. «Spiegare perché e quanti leoni sono rimasti, qual è il loro stile di vita e perché hai scattato proprio quella foto. Molte immagini, inoltre, mostrano la bellezza di un luogo, ma hanno bisogno di una dose di realtà per spiegare le sfide che quei luoghi realmente affrontano. Una realtà che a volte non vogliamo sentire: animali in via di estinzione, habitat che si stanno riducendo, drammatici cali nel numero di animali. Ma questo tipo di informazioni possono essere accoppiate con quelle che riportano di ciò che si sta facendo per limitare il danno e come si può contribuire a prevenirlo. «Dare informazioni positive, che danno speranza, questo, per me, è costruire la coesistenza e assicurarsi che le persone siano consapevoli delle sfide che oggi la fauna, l’ambiente e le persone affrontano. La coesistenza è una sfida delle persone».
C’è qualcosa nelle ultime parole di Charlie che risuona particolarmente in me. «La coesistenza è anche una sfida delle persone». Troppo spesso ci mettiamo fuori dall’equazione, e questo è un punto di vista che dobbiamo cambiare. La fauna e la natura non sono qualcosa di esterno a noi, che è là fuori e non ha nulla a che fare con noi. Siamo parte di essa, e la fotografia può aiutare a creare questa comprensione e portare la vicinanza alla natura selvaggia che è la culla della nostra stessa esistenza.
Le storie dietro le foto
Elefante del Mara
Un paesaggio fragile ma critico circonda la famosa riserva del Masai Mara in Kenya: le riserve del Mara. Queste terre sono affittate dai proprietari terrieri Maasai locali che vengono pagati dagli operatori commerciali affinchè mantengano e custodiscano queste aree selvagge in modo da creare un’importante zona cuscinetto per la fauna.
Luangwa Tracker
Coinvolgere le comunità locali nella conservazione è uno dei motivi del grande successo del South Luangwa National Park in Zambia, dove tutti i ranger sono assunti dalle aree circostanti e aiutano a guidare gli ospiti attraverso il paesaggio. Questi ranger accompagnano tutti i gruppi di turisti e ruotano tra i molti campi della riserva mentre portano gli ospiti in escursioni a piedi in tandem con le guide del campo.
Gishishamwotsi
Il silverback, in attesa del gruppo di gorilla di montagna Sabyinyo, osserva il nostro gruppo che gli fa visita nella sua casa di montagna. Non c’è esperienza più emozionante, per un uomo, che trovarsi faccia a faccia i nostri parenti più antichi. Questi trekking rappresentano una storia di successo nella conservazione, l’aumento del numero numero dei gorilla di montagna ha portato a un aumento delle entrate da attività turistiche che sono andate a beneficio delle comunità locali.
Ritratto di Boswell
La connessione tra i viaggiatori umani e la fauna selvatica è particolarmente forte nel Mana Pools National Park in Zimbabwe a causa della maggior parte degli incontri che avvengono a piedi. Stare sotto un elefante toro con alle spalle la serena scarpata dello Zambesi mentre si è in assoluto timore della sua potenza, grazia e determinazione trasformerebbe anche l’anima più disinteressata in un avido conservazionista.
Giaguaro della foresta
Una femmina di giaguaro fissa intensamente la nostra barca dalla riva del fiume, con la luce del sole che filtra attraverso il baldacchino degli alberi. Gli incontri con questi elusivi felini sono relativamente frequenti nel Meeting of the Waters State Park vicino a Porto Jofre nelle zone umide del Pantanal brasiliano. Mentre i giaguari sono estremamente rari in tutto il resto del loro areale, si sono abituati a vedere i fotografi in barca in questa zona e quindi fanno i loro affari con poca attenzione alla presenza umana.
Francois
Una leggenda del Ruanda, Francois Bigirimana è la consumata guida di trekking nel Volcanoes National Park. La sua conoscenza del comportamento dei gorilla di montagna, derivante dai suoi molti anni di osservazione (ha fatto da guida a Dian Fossey) è insuperabile, così come il suo incredibile senso dell’umorismo.
Coppia di leopardi
Le Sabi Sands in Sudafrica sono uno dei pochissimi posti dove gli inafferrabili leopardi possono essere avvistati con una tale frequenza e in modo così rilassato (come questa coppia che si corteggia). Generazioni di guide, appassionati e visitatori che frequentano riserve come Londolozi reso possibile mantenere una popolazione di leopardi che può essere osservata mentre è completamente ignara della presenza umana.