L’espressione foresta urbana a pensarci bene è un ossimoro. Eppure il richiamo della natura – o ancor meglio della foresta – sembra ormai irresistibile anche in città.
Solo negli ultimi giorni sono stati numerosi gli appuntamenti tra Torino, dove sono andati in scena gli Stati Generali del Verde, e Milano, che alla Triennale ha ospitato il World Forum on Urban Forest, dedicati alla svolta green delle metropoli.
È emerso un dato curioso: se tutti i progetti di forestazione urbana in programma nelle città italiane dovessero andare a buon fine, non avremmo all’istante alberi a sufficienza per soddisfare la richiesta. Da qui l’appello ai florovivaisti di incrementare la produzione, ponendo però attenzione nella scelta delle specie da coltivare alle nuove esigenze dettate dai cambiamenti climatici e alle evidenze scientifiche che indicano quali piante sono più efficaci di altre nel contrastare l’inquinamento.
Incredibile! Stiamo immaginando di mettere a dimora più alberi di quanti ne abbiamo a disposizione. Un fatto davvero impensabile solo pochi anni fa.
Ma in fondo è solo la storia che si ripete. Dopo la Seconda Guerra mondiale, il fervore della ricostruzione ha favorito il diffondersi di un benessere che a sua volta ha creato le condizioni necessarie per incrementare i consumi. Allora si parlava di frigoriferi, lavatrici, televisori, automobili. Per far sì che questi articoli fossero disponibili in tempi rapidi e a prezzi accessibili fu necessario produrre una gran quantità di pezzi a un costo sempre più basso. Così facendo si creò un ciclo di crescita senza precedenti.
Oggi ci stiamo ancora leccando le ferite inferte da quella progressione tumultuosa. Gli amici alberi ci vengono in soccorso per recuperare il dialogo interrotto con la natura, per ricreare centri abitati più ospitali, per generare luoghi resilienti. E – guarda un po’ – anche per avviare nuove forme di economia e di consumi. Questa volta davvero sostenibili.