L’infinito
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Chi non ha mai letto questo testo alzi la mano! È una delle poesie italiane più tradotte al mondo; tutti l’abbiamo letta almeno una volta nella vita, alle scuole elementari, alle medie e forse anche alle scuole superiori. Giacomo Leopardi ha senza dubbio scritto qualcosa che, per ora, sembra avere un destino che equivale al titolo. Ci sono molte sfumature per poter cogliere i vari messaggi di questi versi.
In questa sede, però, noi vogliamo soffermarci su un aspetto molto caro: la presenza della Natura. Proprio così, poiché se dimenticassimo l’importanza della Natura all’interno di questa poesia, perderemmo gran parte del testo.
Innanzitutto il poeta è avvolto da elementi naturali; per vivere questa esperienza si è recato su di un colle solitario, per potersi raccogliere o forse per poter riflettere sulla propria esistenza, non lo sappiamo di preciso, perché è la Natura stessa che condizionerà l’esperienza del poeta con un semplice elemento: la siepe. La siepe rappresenta un’opportunità, non un ostacolo generico e Leopardi lo comprese bene. Infatti il limite della siepe gli permette di percepire l’infinito dentro di sé, tramite l’immaginazione.
Leggendo i versi sembra proprio di vederli i colli marchigiani, che si aprono verso interminati spazi. Quello che sente dentro di sé è talmente forte che quasi si spaventa: ci sono emozioni che a volte vanno a pizzicare delle corde dentro di noi di cui non eravamo nemmeno a conoscenza. Come quei sovrumani / silenzi che vengono indicati tra i versi: quando si riesce a rimanere in un totale e profondo silenzio in questa nostra assordante società?
Già ai tempi di Leopardi ormai era diventato un sogno: trovare un momento di autentico silenzio che potesse far incontrare la propria coscienza. Lui lo dovette immaginare, ma funzionò comunque.
Ulteriori chiarimenti del fatto che la Natura compartecipi con il poeta di un’esperienza particolare, risultano dal fatto che Leopardi ascolta la voce della Natura; non sente, ascolta: E come il vento / odo stormir tra queste piante. Ecco il suono che diventa voce per chi sa ascoltare. Incredibile come il poeta riesca a dipingere con delle immagini (usando ad esempio le stagioni) una questione tanto importante e cruciale: lo scorrere inesorabile del tempo ed è proprio la Natura che provoca questa riflessione. Come a dire: vuoi percepire il momento? Lasciati andare allo scorrere del tempo.
Ed ecco che l’esperienza di Leopardi tocca il culmine in un abbandono, egli vive l’hic et nunc abbandonandosi al tempo che scorre; naufragando nel mare del tempo e dell’essere il poeta coglie il famoso attimo.