Ora è corsa contro il tempo, dopo che di tempo se ne è sprecato abbastanza. La petroliera giapponese Wakashio, battente bandiera panamense, incagliatasi sulle coste di Mauritius lo scorso 25 luglio, ora si è spezzata in due.
Decine e decine di volontari si stanno affannando con mezzi di fortuna per arginare la fuoriuscita di greggio dall’imbarcazione, che trasportava un carico da 4.000 tonnellate di petrolio, in gran parte già riversate in mare.
Tra gli abitanti di Mauritius cresce la rabbia e la frustrazione, perché sono trascorsi 21 giorni dall’incidente alla petroliera e le autorità locali e internazionali non sono intervenute con prontezza e azioni adeguate a scongiurare il peggio, ovvero quanto si è verificato adesso: la nave arenata su una barriera corallina in un primo momento aveva una falla da cui fuoriusciva il petrolio; ora si è spezzata in due e lo sversamento è massiccio e innarrestabile.
Il tempo intercorso tra l’incagliamento e le prime operazioni di pompaggio del petrolio dalla nave è stato di 13 giorni. Le autorità non hanno fatto nulla fino a che non si sono viste le prime immagini di macchie scure sul mare, il 6 agosto. Hanno censurato le presunte “fake news” per evitare che la gente pubblicasse immagini del disastro. Solo quando il petrolio ha cominciato a riversarsi in abbondanza il 7 agosto hanno cominciato a chiedere aiuto. Per primi sono arrivati i francesi l’8 agosto e hanno iniziato a operare il 9.
Allarmi inascoltati
La rabbia degli abitanti dell’isola e degli ambientalisti di tutto il mondo è giustificata, anche perché si tratta di un disastro annunciato.
Quando un’altra petroliera si era arenata su una barriera corallina a Mauritius nel giugno del 2016, l’oceanografo Vassen Kauppaymuthoo aveva avvertito le autorità di prepararsi ad affrontare un disastro marittimo ancora più grande.
Nessuno lo ha ascoltato: «La cosa triste – dice ora – è che quattro anni fa abbiamo avuto un avvertimento con la motonave Benita, che per prima si è arenata a Le Bouchon. Allora ho ammonito che avremmo dovuto prepararci a un disastro più grande, sorvegliare meglio la nostra zona marittima e comprare le attrezzature necessarie per essere preparati a un disastro più grande».
Ma ancora oggi, petroliere da 200mila tonnellate transitano vicino alle coste di Mauritius.
«Quando si commette un errore una volta, si dovrebbe imparare la lezione ed evitare che il problema si ripeta…» commenta Kauppaymuthoo.
La zona colpita
La Wakashio ha impattato la barriera corallina a circa 2 km da Pointe d’Esny, in prossimità di zone naturali di importanza internazionale: il Parco marino Blue Bay, le zone umide di Pointe d’Esny, il Parco nazionale Ile aux Aigrettes and islets.
La fuoriuscita sta avendo gravi conseguenze sulle lagune, sulle barriere coralline, sulle foreste di mangrovie e sulla biodiversità con… coste ricoperte di fanghi neri, in quello che si sta rivelando un disastro ambientale e un’emergenza» dice il Mauritian Wildlife Foundation (MWF).
Mauritius è un serbatoio di biodiversità, con un’alta concentrazione di piante e animali unica nella regione. L’ambiente marino mauriziano ospita 1.700 specie, tra cui circa 800 tipi di pesci, 17 di mammiferi marini e due specie di tartarughe. Sono pochissime al mondo le aree marine con una biodiversità così ricca e la fuoriuscita di petrolio avrà un impatto su quasi tutto l’ambiente naturale per molti anni.
Dichiarato lo stato di emergenza ambientale
Il Primo ministro di Mauritius, Pravind Jugnauth, ha dichiarato lo stato di emergenza ambientale. Il premier ha fatto la breve dichiarazione su Twitter dicendo che Mauritius non ha le capacità e le competenze necessarie per mettere in sicurezza le navi arenate, per cui ha chiesto aiuto alla Francia.
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