La famiglia di orche ha lasciato le acque di Prà. Alle ore 11 di questa mattina i 4 esemplari si trovavano al largo delle coste di Vado Ligure e nuotavano in direzione Ovest. Stanno dunque effettuando il percorso inverso che le aveva portate nelle acque liguri. Ci si augura che presto raggiungano lo stretto di Gibilterra e tornino a nuotare nell’Oceano.
Ogni giorno si aggiunge quindi un nuovo tassello per comporre il puzzle delle “orche di Genova”, i grandi cetacei che da diversi giorni stazionano nel porto di Prà, di fronte a Genova Voltri. Ieri, per esempio, dopo aver appurato, attraverso la tecnica della foto-identificazione (che confronta le pinne dorsali e la macchia bianca sul dorso di ogni individuo) che i cetacei provengono dall’Islanda, è arrivata una nuova conferma a questa tesi: un primo confronto con la ricercatrice islandese Filipa Samarra ha confermato che anche i suoni registrati a Genova coinciderebbero con le vocalizzazioni catalogate in Islanda.
I ricercatori, infatti, stanno monitorando le orche anche acusticamente: le registrazioni vengono effettuate 24 ore al giorno da Nauta Scientific e Tethys mediante un idrofono (microfono subacqueo) fissato sul fondale, e durante alcune uscite in mare dal Dipartimento di Fisica dell’Università di Genova, dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, dall’Università di Torino e dall’Acquario di Genova.
Una famiglia abituata a spostarsi
Si è così accertato che la presenza del gruppo familiare di orche è già stata registrata nelle acque islandesi, anche se non come gruppo residente ma occasionale. Nelle acque intorno all’isola atlantica, infatti, la famiglia è sempre stata “vista” a giugno-luglio e mai nel periodo invernale. Mentre le orche residenti nella zona traggono la maggior parte del loro sostentamento dalle aringhe che si accentrano lassù in inverno, gli animali “erranti” hanno, invece, una dieta più opportunista e flessibile che comprende anche mammiferi marini. In estate, infatti, i ricercatori islandesi hanno osservato in più occasioni individui di orca non residenti nutrirsi anche di foche e piccoli cetacei.
L’arrivo nel Mediterraneo a novembre
Come è noto, le orche (Orcinus orca), pur segnalate sporadicamente, non costituiscono una popolazione mediterranea; ricapitolando la successione degli avvenimenti, il gruppo di 5 individui era stato avvistato fin dalla metà novembre di fronte a Cartagena, in Spagna, poi nelle acque di Formentera e infine al largo di Carloforte, in Sardegna, da dove ha poi proseguito verso nord, fino al golfo di Genova.
Il gruppo è costituito da un maschio, una femmina e altri due individui che potrebbero essere femmine adulte o giovani maschi; il piccolo, di meno di un anno, che li accompagnava e le cui condizioni erano apparse da subito precarie, è purtroppo morto martedì 3 dicembre, tra la mattinata e il primo pomeriggio, proprio mentre i ricercatori di Tethys, biologi e veterinari dell’Acquario di Genova, stavano monitorando il gruppo dal gommone. La madre, però, com’è noto, non ha voluto abbandonare il cucciolo, trasportandolo per quattro giorni, anche se era evidente che non respirava più.
Perché non è possibile alimentarle
Ora un’altra delle orche desta serie preoccupazioni; appare molto magra e con la pelle squamata; sempre attraverso la foto-identificazione, i ricercatori hanno ricavato altre informazioni preziose: l’individuo debilitato non è il maschio adulto e nemmeno la madre del cucciolo morto, come si era pensato inizialmente, ma uno degli altri due membri del gruppo.
Non è possibile, purtroppo, sottolineano gli esperti di Tethys, tentare di alimentarle artificialmente, perché, a differenza di quelle tenute in cattività, le orche in natura accettano solo prede vive e solo quelle in cui sono “specializzate”. Così come è impensabile catturarle nel tentativo di curarle in una struttura perché l’operazione, anche eticamente discutibile, sempre secondo i ricercatori dell’Istituto aggiungerebbe ulteriore stress, con ogni probabilità fatale per gli animali.
Gruppi matriarcali
Per le orche inoltre, è molto importante la coesione di gruppo; dividerle è traumatico perché è una specie che vive tutta la vita in famiglie matrilineari. Significa che ogni individuo, anche i maschi, restano con il gruppo della mamma e della nonna. L’unità familiare, più comunemente chiamato “pod”, di Genova non è quindi un maschio con il suo harem, ma più probabilmente una madre, o una nonna, con figli o nipoti.
Gli sforzi della Guardia Costiera e degli esperti al momento sono indirizzati soprattutto alla ricerca del corpo del piccolo morto, che potrebbe essere stato avvistato domenica dalla spiaggia di Noli, ma che ancora non è stato possibile recuperare; esaminato dai veterinari, potrebbe rivelare informazioni preziose sia sulla causa della morte che sulla provenienza del gruppo, attraverso l’analisi del DNA.
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