Le tigri non sono destinate all’estinzione, sebbene nel secolo scorso la popolazione di questi felini sia crollata del 97%. Per salvare i grandi felini c’è ancora tempo, e anche l’habitat naturale che li accoglie potrebbe contenerne almeno il doppio.
A dirlo è uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Sciences Advances che, basandosi sulle immagini satellitari raccolte, ha convenuto che le aree dove vivono le tigri dispongono di risorse sufficienti per un incremento significativo della popolazione.
Lo stato di salute della foresta
Per condurre lo studio sono stati analizzati 80mila chilometri quadrati di territorio, suddiviso in 76 aree.
Sono state raccolte immagini in Malesia, Cambogia, Cina, India, Thailandia e Russia.
Per raggiungere l’ambizioso traguardo del ripopolamento è necessario, innanzitutto, che si fermi la deforestazione. Le colture intensive, che hanno preso il posto dell’habitat delle tigri, sono state in parte causa del declino della popolazione.
Per ripopolare le foreste, secondo gli studiosi, è necessario creare dei corridoi naturali per permettere lo scambio di individui da un’area all’altra.
Altro aspetto da considerare è quello della lotta al bracconaggio: le tigri sono ancora uccise non solo per le proprie pelle, ma anche perché considerate componente fondamentale della medicina tradizionale cinese.
Anche il WWF in campo
Per salvare le tigri è sceso in campo anche il WWF, che ha lanciato l’iniziativa Tiger Alive Initiative – TX2.
Il progetto mira alla protezione e alla gestione delle 12 zone cruciali per la riproduzione e la conservazione delle tigri, oltre che alla salvaguardia delle prede naturali dei felini.
La scadenza per raggiungere l’obiettivo è quella del 2022, che coincide anche con l’anno della tigre, secondo il calendario cinese.
Piccoli passi avanti
Le strategie finora messe in campo sembrano funzionare: dal 2010, anno dell’ultimo summit tra i Paesi che ospitano i grandi felini, il numero di tigri è lievemente cresciuto, facendo registrare 3200 individui presenti in libertà.
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