Se potessimo parlare con i dinosauri (magari!), con le ammoniti, con i trilobiti o semplicemente col Dodo, ci direbbero tutti che le estinzioni sono cose non augurabili, tristi e definitive.
E sicuramente dal loro punto di vista hanno ragione, ma in ottica di filogenesi (l’evoluzione e la diversificazione dei viventi) l’estinzione ha un ruolo che non ti aspetti.
Ricercatori del Museo di storia naturale di Berlino e dell’Università di Lincoln, in uno studio recente hanno scoperto che alcune grandi radiazioni adattative (proliferazioni del numero di specie) sono avvenute dopo grandi estinzioni.
Analizzando i record fossili di alcuni gruppi di amnioti (dai quali si sono diversificati poi quasi tutti i vertebrati terrestri che conosciamo oggi), gli scienziati hanno osservato che i colossali aumenti di biodiversità del passato non sono avvenuti immediatamente dopo la comparsa di nuove strutture morfologiche, ma dopo grandi estinzioni.
I saurodomorfi ad esempio (di cui facevano parte i famosi e giganteschi brachiosauri), a un certo punto della loro storia cominciarono a sviluppare strutture e comportamenti molto diversi dai loro simili, ma l’effettiva differenziazione avvenne 30 milioni di anni dopo, in seguito a un’estinzione.
Le estinzioni fanno quindi da stimolo alla diversificazione degli organismi. Esiste un dibattito sulle cause di questa apparente contraddizione, probabilmente dopo un’estinzione c’è molto “campo libero” e le specie hanno risorse per proliferare relativamente in fretta; inoltre le specie che sopravvivono a un’estinzione sono tendenzialmente generaliste (adattabili a diverse condizioni) e possono quindi dare il via a una nuova, imponente ramificazione delle loro linee di discendenza.
Possiamo quindi dire con molta probabilità che se oggi siamo qui è grazie a un disastro.
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com