Sono cominciati ieri, sabato 4 settembre, a Marsiglia e proseguiranno fino all’11 i lavori del Congresso mondiale per la conservazione della biodiversità (IUCN). Presenti più di mille organizzazioni governative e non, unite dall’obiettivo di proteggere tutte le specie, circa un milione, minacciate dalle conseguenze sull’ambiente dell’attività umana.
Il Direttore generale Bruno Oberle afferma che la strada per raggiungere questo obiettivo è fare di più: «Per mantenere la natura in equilibri, abbiamo bisogno di un trilione di dollari all’anno, ma oggi stiamo investendo meno di 100 milioni». Servono aree di conservazione più grandi, ben gestite, ben protette e nei posti giusti.
La Lista Rossa IUCN è molto più di un elenco di specie e del loro stato, è un potente strumento per informare e catalizzare l’azione per la conservazione della biodiversità e il cambiamento delle politiche di gestione del territorio, fondamentale per proteggere le risorse naturali di cui abbiamo bisogno per sopravvivere. La Lista Rossa fornisce informazioni sulla dimensione della popolazione, l’habitat, l’uso e il commercio, le minacce e le azioni di conservazione, che aiutano a decidere e adottare le necessarie misure di conservazione.
L’aggiornamento della Lista Rossa
La giornata inaugurale di sabato è stata dedicata all’atteso aggiornamento della famosa Lista Rossa dell’IUCN delle Specie Minacciate, una sorta di “bibbia della biodiversità”.
I riflettori sono stati puntati sulle specie che peggiorano il loro status, passando da “vulnerabile” a “in pericolo” nella Red List IUCN.
Una di queste specie è il varano di Komodo (Varanus komodoensis), chiamato anche drago di Komodo, la più grande lucertola al mondo, che vive in Indonesia e che nell’ultimo aggiornamento della Lista Rossa è stato classificato “in pericolo”.
Il riscaldamento globale e il conseguente aumento del livello dei mari, secondo la IUCN ridurranno almeno del 30% l’habitat del varano nei prossimi 45 anni. Inoltre, mentre la popolazione del Parco Nazionale di Komodo, Patrimonio dell’Umanità, e della vicina isola di Flores è al momento stabile e ben protetta, i varani al di fuori di queste zone perdono habitat, a causa dell’avanzare dell’antropizzazione.
La Lista rossa ha anche ammonito che la pesca eccessiva minaccia di estinzione quasi due squali su cinque. L’indagine più completa di squali e razze mai intrapresa ha, infatti, rivelato che il 37% delle 1.200 specie valutate sono ora classificate come direttamente minacciate, rientrando in una delle tre categorie più delicate: “vulnerabile”, “in pericolo” o “criticamente in pericolo”.
Cinque specie di pesce sega (Pristis pectinata) – il cui muso seghettato si impiglia negli attrezzi da pesca – e l’iconico squalo mako pinna corta (Isurus oxyrinchus) sono tra quelle più minacciate.
La Food and Agriculture Organization (FAO) conta circa 800 mila tonnellate di squali catturati – intenzionalmente o accidentalmente – ogni anno, ma la ricerca suggerisce che la cifra reale sia da due a quattro volte maggiore.
La sesta estinzione di massa
Secondo gli esperti è cominciata la “sesta estinzione di massa” degli ultimi 500 milioni di anni, ovvero un periodo nel quale la Natura declina più velocemente della media, arrivando anche a minacciare le condizioni stesse dell’esistenza umana sulla Terra. I cambiamenti climatici non sono altro che la punta dell’iceberg di questa catastrofe annunciata.
Una luce verde di speranza
L’IUCN sabato ha anche lanciato ufficialmente la sua Lista Verde, il primo standard globale per valutare il recupero delle specie e misurare gli impatti della conservazione.
Ma l’ultimo aggiornamento della Lista Rossa evidenzia anche alcuni casi di recupero, con quattro specie di tonno pescate commercialmente che si sono riprese da un declino verso l’estinzione dopo un decennio di sforzi per frenare l’eccessivo sfruttamento. Il recupero più spettacolare è stato quello del tonno rosso dell’Atlantico (Thunnus thynnus), ricercato soprattutto per il sushi giapponese, che è salito di tre categorie, da quella “in pericolo” alla zona sicura di “minima preoccupazione”.
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