Si parla di “citizen science” ogni volta in cui comuni cittadini partecipano a ricerche e attività scientifiche di vario genere, senza una specifica formazione o conoscenze approfondite nel campo. Eppure, in determinati casi, il loro contributo è prezioso. Basti pensare alle segnalazioni e agli avvistamenti di piante o animali rari, o la partecipazione a censimenti di specie selvatiche.
Ad esempio, ogni anno nel Regno Unito ha luogo la “big butterfly count”, un grande censimento di tutte le specie di farfalle e falene presenti sul territorio nazionale, a cui partecipano decine di migliaia di appassionati.
I dati ottenuti sono preziosi, perché aiutano gli scienziati a valutare strategie di conservazione adeguate, mirate soprattutto nelle aree in cui le popolazioni sono in maggiore difficoltà.
Passione personale, tesoro per tutti
In certi rari casi, però, anche i singoli appassionati possono fornire un contributo prezioso alla ricerca scientifica, quando si dedicano anima e corpo alla materia di loro interesse.
Questo è stato senza dubbio il caso dell’americana Amelia Rudolph Laskey (1885-1973) che, pur senza una specifica formazione in campo naturalistico, fornì un enorme contributo agli studi di ornitologia nel suo paese, dedicandosi ad essi per oltre quarant’anni.
Dopo la nascita in Indiana e il liceo frequentato a Chicago, Rudolph lavorò per un certo periodo come stenografa prima di sposarsi con il dirigente d’azienda Frederick C. Laskey. Insieme al consorte si trasferì più a sud, a Nashville, Tennessee.
Ispirata dalla madre, che aveva vinto innumerevoli gare di giardinaggio, Rudolph si dedicò alla cura del giardino di casa, realizzando un piccolo gioiello di biodiversità, ricco di essenze e fiori spontanei coloratissimi, che battezzò “Blossomdell”. La bellezza del giardino attirò molti visitatori, non solo umani: tantissimi volatili iniziarono ben presto a frequentarlo.
Spinta dalla curiosità, Rudolph iniziò a frequentare la società ornitologica locale, per avere più informazioni sui tanti uccelli che si presentavano regolarmente nel suo giardino.
Descrisse molte specie nel dettaglio
Dopo poco tempo, Amelia Rudolph divenne un’esperta. Si dedicò a osservare i comportamenti degli uccelli e a raccogliere migliaia di dati su abitudini canore, corteggiamento, spostamenti e longevità degli animali osservati. Iniziò a inanellare gli esemplari, per avere traccia dei loro spostamenti migratori e delle loro abitudini di vita.
Non fece le cose in piccolo: ad esempio, un suo articolo raccolse i dati di vita di 1.621 esemplari di cardinale rosso (Cardinalis cardinalis), marcati tra il 1931 e il 1943.
Altri suoi studi descrissero nel dettaglio i comportamenti di molte altre specie, come la ghiandaia azzurra americana, il tordo beffeggiatore, il picchio Dryobates pubescens, il picchio dorato, la cincia bicolore e il simbolo dello stato di New York, l’Eastern bluebird (Sialia sialis).
Rudolph studiò anche i comportamenti migratori di molte specie, comprese alcune notturne, e scoprì tra le altre cose che il rondone codaspinosa dei camini (Chaetura pelagica) svernava in Perù. Scoprì inoltre come il vaccaro testabruna (Molothrus ater), un parassita di nidi di altre specie come il cuculo, fosse un animale monogamo.
Dalle sue ricerche nacquero nuovi strumenti di tutela
Fu anche una delle prime persone a segnalare i rischi causati dai ripetitori televisivi all’incolumità degli uccelli, che venivano attirati dalle loro luci di segnalazione e spesso si schiantavano su di essi.
Segnalò inoltre i danni causati agli uccelli migratori dai nefoipsometri, potenti luci proiettate verso il cielo per valutare l’altezza delle nubi, utilizzati principalmente negli aeroporti. Su sua indicazione, vennero attuate delle modifiche a questi sistemi per tutelare l’incolumità degli uccelli migratori.
Negli anni, Rudolph si distinse anche per la sua abilità nel soccorrere animali feriti. Alcuni esemplari, incapaci di ritornare alla vita selvatica, vennero da lei allevati in casa. Tra questi ci fu una poiana della Giamaica che visse con lei per 15 anni e un gufo della Virginia albino, che visse con la sua nuova padrona per ben 22 anni. Un beccofrusone dei cedri, privo di un’ala, venne a trovarla per quattro anni consecutivi, in cambio di qualche chicco d’uva.
A partire dal 1933 e fino alla sua morte, sopravvenuta quarant’anni dopo, Rudolph pubblicò oltre 150 articoli scientifici su riviste ornitologiche. Niente male per quella che, almeno sulla carta, doveva essere una semplice dilettante.
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