Lo stato di salute delle aree protette è migliore di quanto fin’ora si era ipotizzato.
A darne notizia è lo studio condotto dai ricercatori del Tropical Ecology Assessement and Monitoring Network (TEAM) e pubblicato sulla rivista scientifica PLos Biology.
I ricercatori hanno monitorato 244 specie tra mammiferi ed uccelli terricoli distribuiti su 15 aree protette delle regioni tropicali del Sud Est Asiatico, Africa, America centrale e meridionale.
Per condurre le ricerche sono state posizionate oltre mille fototrappole, che hanno fornito due milioni e mezzo di immagini. Analizzandole, gli studiosi del TEAM hanno scoperto che il 17 % delle popolazioni di animali monitorate è cresciuto numericamente, mentre il 22% è rimasto costante.
“Il nostro studio dimostra l’importanza delle aree protette nella conservazione della biodiversità delle regioni tropicali dove si concentra la maggior parte delle specie del pianeta e dove, al contempo, il rischio di estinzione è il più elevato – ha spiegato a riguardo Francesco Rovero, coordinatore del progetto per il MUSE di Trento e co-autore dello studio –. Tutti i siti interessati hanno condotto la ricerca alla stessa maniera, in un lasso di tempo che è andato dai 3 agli 8 anni. In ogni sito sono state posizionate fototrappole in 60 punti. Queste, per un mese di fila, hanno immagazzinato decine di migliaia di immagini”.
Ancora tanto da fare
Sebbene i dati raccolti siano incoraggianti, i ricercatori sono cauti. La perdita di biodiversità, nelle aree protette, non è ancora del tutto scongiurata. Inoltre, i dati hanno dimostrato come alcune popolazioni siano invece in declino.
Per molte altre, invece, è stato impossibile stabilire una valutazione poiché i passaggi infrequenti davanti alle foto trappole non hanno permesso un’analisi accurata del trend.
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