Un team internazionale di paleontologi, a cui ha partecipato anche dell’Università di Firenze, ha utilizzato una nuova tecnica per documentare la presenza di fossili anche dopo che il loro guscio è scomparso da milioni di anni. In questo modo sono riemerse le microscopiche impronte lasciate dal plancton milioni di anni fa nei fondali marini.
La ricerca ha prodotto informazioni inedite sulla resilienza di questi organismi ai cambiamenti climatici – sia quelli che si sono verificati nel remoto passato, in corrispondenza di tre eventi di riscaldamento globale del pianeta che hanno avuto luogo milioni di anni fa, nel Giurassico e nel Cretaceo, sia quelli attuali – che li rende fondamentali per la salute degli oceani.
A questa scoperta la rivista Science dedica la copertina.
Lo studio è stato coordinato dai ricercatori del Museo Svedese di Storia Naturale ed è firmato anche da Silvia Danise, docente dell’Università di Firenze e dai colleghi del Museo di Storia Naturale e dell’University College di Londra.
Plancton fondamentale per l’ossigeno e la CO2
«I coccolitoforidi sono organismi planctonici unicellulari di microscopiche dimensioni (15 volte più piccoli dello spessore di un capello) che abbondano negli oceani – racconta Silvia Danise, associato di Paleontologia e paleoecologia dell’Ateneo fiorentino –. Questo plancton svolge un ruolo essenziale negli ecosistemi marini: fornisce la gran parte dell’ossigeno che respiriamo, è alla base delle catene alimentari marine e contribuisce a immagazzinare il carbonio nei sedimenti del fondo oceanico. Dopo la morte dei coccolitoforidi. l’esoscheletro formato da placche di carbonato di calcio si deposita in grandi quantità nei fondali marini, fossilizzandosi. Così noi paleontologi ne possiamo studiare caratteristiche ed evoluzione estraendoli dalle rocce».
Resistente al riscaldamento globale
Le evidenze a disposizione della comunità scientifica fino a oggi documentavano un calo nella presenza di coccolitoforidi fossili in corrispondenza degli eventi di riscaldamento globale del passato. Tali dati suggerivano che i cambiamenti climatici e la conseguente acidificazione degli oceani avessero gravemente condizionato lo sviluppo di questo plancton negli intervalli geologici presi in considerazione.
«Nonostante l’assenza delle placche dei coccolitoforidi nelle rocce studiate, abbiamo scoperto che la loro presenza è testimoniata dalle impronte che hanno lasciato sulla superficie di polline e altre sostanze organiche fossilizzate nei fondali marini. Tali impronte simili a quelle che lasciamo quando camminiamo sul bagnasciuga, testimoniano che anche durante intervalli di riscaldamento globale del passato, i coccolitoforidi proliferavano negli oceani» spiega Danise.