Così, noi, ci prepariamo a ogni cambio di stagione al nostro andirivieni tra la civiltà e il bisogno di selvatico, tra l’infanzia e l’età adulta, tra l’essere parte di un ingranaggio che non lascia spazio alle esigenze del corpo e una voglia atavica di camminare a piedi nudi, bere con le mani, appoggiarci al tronco di un albero per riuscire a toccare il nocciolo più profondo di noi stessi. E scegliamo il bosco, perché è da lì che veniamo, ed è lì che un antico richiamo non smette di condurci, luogo elettivo in cui prima il mito, poi la fiaba, hanno tessuto l’eterno racconto dell’umanità.
Gaia De Pascale, Filosofia del ritorno al bosco
Dunque? Che cosa aspettare? Cosa ci tiene ancorati come degli antichi relitti sul fondo della nostra così ostentata ma asfissiante civiltà? Sembra quasi che si stia procedendo verso un vicolo cieco o un profondo tunnel che conduce ad un abisso; la situazione è ormai degenerata. Eppure le sorgenti non mancano. Se vinciamo la nostra pigrizia e la nostra ottusità, allora potremo mantenere in vita la speranza concreta di poter cambiare. E come? Gaia De Pascale ci indica una strada più che opportuna: per andare avanti a volte occorre fare un passo indietro, come quando si deve fare un salto e si carica tutto andando già verso il terreno. Se vogliamo respirare il futuro allora dobbiamo tornare nei luoghi da cui proveniamo, in questo caso il bosco. Da sempre il bosco esercita un fascino incontrastato nell’uomo che lo ha portato a riflettere su questo originario legame attraverso l’arte, la letteratura, la psicologia, il mito, la musica, insomma, tutto ciò che si può immaginare a servizio dell’animo umano. Il bosco è qualcosa di concreto, una realtà che non lascia spazio alla superficialità, ma ad un prezzo: bisogna amarlo. Di conseguenza il resto: rispettarlo, conoscerlo, difenderlo.
Appoggiarsi al tronco di un albero per riuscire a toccare il nocciolo più profondo di noi stessi è un’esperienza tangibile che si può fare in qualunque momento, senza particolari permessi burocratici o impegni, senza pensare ad un tornaconto economico. Qui il guadagno è umano!
Ognuno di noi può anche avere la propria immagine del bosco, in base alle esperienze vissute, ma è un dato di fatto che esso esercita un fascino particolare, fosse anche la paura, eppure quel richiamo atavico non smette mai di volare attraverso le foglie degli alberi per raggiungere chi è disposto a cambiare vita. Potrebbe essere anche immaginato come un ritorno a casa in effetti; la sensazione è piacevole, come quando si rientra in casa dopo una giornata difficile e c’è qualcuno che ti aspetta o in ogni caso hai un luogo che aspetta di essere nuovamente vissuto dalla tua presenza. Il bosco aspetta sempre, la Natura è paziente per vocazione: scegliamo anche noi di ritornare al bosco, in qualunque stagione, scegliamo di toglierci gli abiti della civiltà per tornare ad assaporare quei legami che restano.
Così, una volta rigenerati, nessuno potrà più scalfire il nostro corpo e il nostro animo, nessuna schiavitù, solo libertà e amore. In fondo la Natura non ci chiede che essere dei testimoni autentici.
Filosofia del ritorno al bosco
di Gaia De Pascale
124 pagine, 9 Euro
Il Melangolo