È novembre, fa caldo e la stagione delle piogge è alle porte. Alle nostre spalle l’aeroporto dove siamo appena atterrati, a ovest il sole che sta tramontando e a sud la nostra meta. Viaggiamo seduti su panche metalliche fissate ai cassoni di speciali pick-up modificati per trasportare i turisti. Il cigolio delle strutture sembra rendere più profonde le buche e accentuati i dossi. Quando attraversiamo i ponti in legno le assi sbattono violentemente tra loro, interrompendo bruscamente il silenzio della notte.
All’improvviso Mirco, la nostra guida, inchioda, scende dall’auto e ci chiede di seguirlo. Intorno a noi solo il buio. Torniamo indietro di una ventina di metri fino a raggiungere l’ultimo ponte attraversato. Mirko accende una torcia e illumina lo stagno sotto i nostri piedi. Decine di occhi a filo d’acqua ci osservano e riflettono la luce. Sono jacarè, nome locale utilizzato per definire i caimani che vivono in queste acque. Si muovono lentamente, sembrano guardarci con sospetto. Noi restiamo immobili a osservare, mentre il fascio luminoso li scova uno a uno.
Ripartiamo, mancano pochi chilometri al lodge che ci ospiterà. Al mattino scopriamo che la sera precedente avevamo oltrepassato il cartello che annuncia l’inizio della Transpantaneira, una strada che fa ormai parte della mitologia dei viaggiatori. Mirko dice che avremo modo di rivederlo e fotografarlo al ritorno in quanto il percorso via terra è uno solo.
La Transpantaneira unisce Poconè a Puerto Jofre, nel Mato Grosso in Brasile. Centoquarantasette chilometri di sterrato inesorabilmente rettilineo che attraversa paludi, fattorie, foreste e soprattutto fiumi. Sono, infatti, centoventidue i ponti in legno, più o meno stabili e a volte sicuri, che permettono di raggiungere gli acquitrini del Pantanal, la nostra meta finale, dove si trova la più grande concentrazione di giaguari al mondo.
Prima di riprendere il cammino ci aspetta la navigazione sul fiume Rio Claro, non lontano dal lodge. Partiamo a bordo di una piccola canoa a motore e dopo pochi minuti iniziamo ad avvistare aironi, martin pescatori, hoatzin (“uccello rettile”, una tra le specie animali più antiche presenti sulla Terra), tartarughe e aquile pescatrici che si esibiscono in acrobatiche evoluzioni.
Mentre scivoliamo lungo il fiume una coppia di coloratissimi pappagalli ara ci sfiora la testa in volo e va a posarsi sulle foglie di una palma non lontana da noi. Ci fermiamo d osservarli e fotografarli, mentre il barcaiolo spegne il motore e prepara alcune canne da pesca. Dopo aver attaccato dei piccoli vermi bianchi all’amo, ci consegna l’attrezzatura e ci invita a pescare i piragna che, a detta sua, si trovano sotto di noi.
Senza porci troppe domande lanciamo l’amo e diamo inizio alla pesca. Dopo meno di un quarto d’ora, quando il bottino è già di tutto rispetto, ci vengono ritirate le canne da pesca e si riprende la navigazione.
Ci guardiamo perplessi, senza comprendere la finalità della nostra inaspettata e fulminea attività ittica. Ripartiamo col motore che continua a salire di giri facendo aumentare costantemente la velocità. Per qualche ragione, a noi sconosciuta, non rallentiamo più per osservare l’avifauna, che ora ci scorre rapida di fronte agli occhi. Procediamo scegliendo le traiettorie migliori lungo la corrente, come fossimo in gara o in ritardo per un appuntamento.
Improvvisamente il barcaiolo spegne il motore facendo arrestare bruscamente la canoa. Poi si alza in piedi e urla ripetutamente: “Dorothea! Dorothea!”.
Allarmati e un po’ sconcertati ci guardiamo intorno. La mia fantasia corre fino a farmi immaginare l’atto conclusivo del barcaiolo che, disperato per una delusione amorosa con la sua bella Dorothea, decide di suicidarsi platealmente portando con sé una decina di piragna a celebrazione di un antico rituale indigeno.
Invece no, niente di tutto ciò. Dopo un istante il barcaiolo si risiede, ci guarda, sorride soddisfatto e con la mano destra inizia a battere rumorosamente contro lo scafo della canoa continuando a chiamare Dorothea. Ora però la sua voce è più quieta, come fosse certo di un incontro ormai prossimo. Ed ecco arrivare Dotothea: un grande caimano dal dorso corazzato che si muove rapidamente verso noi.
Si avvicina fino a sfiorare la canoa con le sue profonde narici. Intanto il barcaiolo afferra un lungo ramo, infilza uno dei piragna pescati e lo solleva a un paio di metri dalla superficie del fiume. Poi chiama ancora: “Dorothea!”, che con un balzo degno dei migliori spettacoli circensi e con un colpo di reni che la porterebbe direttamente alle finali olimpiche del corpo libero, emerge dalle acque e con precisione chirurgica stacca il malcapitato piragna dal ramo.
La performance viene ripetuta più volte sotto gli occhi increduli dei presenti, fino a quando, dopo aver ingoiato anche l’ultimo pesce, l’atletico caimano termina lo show. Infine si allontana noncurante del suo pubblico, consapevole di essere stato la star del giorno.
Il momento dello scatto
Quando vidi il caimano pensai istintivamente che l’avrei voluto riprendere da vicino con un obiettivo grandangolare. Non immaginavo però che sarebbe arrivato a toccare la nostra canoa. Eravamo seduti al livello dell’acqua e l’imbarcazione, poco stabile, non trasmetteva certo grande sicurezza. Quando il rettile si trovò a mezzo metro da noi mi sporsi lateralmente e mi abbassai per avvicinarmi al mio soggetto. Impostai la messa a fuoco su un punto in basso a destra dove avrei posizionato l’occhio di Dorothea. Per la composizione pensai sia la regola dei terzi (il soggetto principale è l’occhio, che inquadrai in basso a destra) che quella della diagonale, rappresentata dalle sponde del fiume ma anche dal corpo dell’animale. Chiusi il diaframma a f14 per avere buona profondità di campo (quindi per ottenere uno sfondo nitido) e portai la sensibilità del sensore a ISO 400 per assicurarmi un tempo sufficientemente rapido dell’otturatore da contrastare l’ondeggiare della canoa.
Dati tecnici
- Data: 27/11/2014
- Corpo macchina: Nikon D3s
- Obiettivo: Nikkor 17/35 f 2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 17 mm
- Apertura diaframma: F 14
- Tempo otturatore: 1/250 sec.
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 400
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze: