L’altro giorno, corriere.it ha pubblicato il resoconto di un viaggio fotografico compiuto da Maria Teresa Furnari, che ha attraversato l’Italia da Nord a Sud a caccia di ecomostri. Un piccolo, ma interessante dossier che tuttavia lascia un po’ il tempo che trova. Perché il problema di questo Paese è sempre stato quello di ricordare. Gli ecomostri di oggi sono il risultato di errori del passato, che però, all’epoca in cui sono stati commessi, in molti, anzi troppi, non hanno giudicato come tali.
Un esercizio davvero interessante, utile e soprattutto coraggioso sarebbe, invece, quello di indicare gli ecomostri in fase di progettazione o costruzione. Oggi, chiunque è capace di gridare allo scandalo per gli orrori rimasti sul territorio dopo qualche cosiddetto grande evento. A Milano, per esempio, in tanti hanno esultato per l’abbattimento dello scheletro di un hotel di sette piani e 300 stanze, sorto tra i quartieri Monluè e Ponte Lambro, in località Cascina Grande, che doveva essere ultimato in occasione di Italia ’90 ed è rimasto incompleto e abbandonato per oltre vent’anni. Nel 2012 è cominciata la demolizione, nello stesso tempo in cui in città si aprivano molti cantieri in vista di Expo 2015.
Sarebbe importante capire oggi cosa davvero potrà lasciare in eredità Expo, ma questo è difficile, quasi impossibile che accada in una città da sempre comandata dal cemento. Il nuovo Eldorado nella geografia degli affari è diventato quel triangolo di terra incastonato tra Milano e l’hinterland nord-ovest. Lì si sono consumate gran parte delle lotte di potere degli ultimi anni. È stato un vero e proprio teatro di battaglia, con buona pace dei piani edilizi che non mantengono mai le previsioni fino in fondo, dei cittadini che da decenni chiedono più verde e delle simulazioni al computer, sempre prodighe di giardini e cieli azzurri.
Dietro l’afflato terzomondista con cui è stata costruita prima la candidatura di Milano e poi l’organizzazione dell’evento, si cela la solita fame di mattone e cemento. Altro che nutrire il pianeta!
Cosa ne sarà di una Expo partita già minata dall’incubo della speculazione e proseguita sotto i colpi inferti dalle indagini della magistratura? Siamo davvero convinti che questo evento servirà a rendere Milano una metropoli intelligente e sostenibile? Oppure, dopo il 31 ottobre 2015, quando sulla città esploderanno gli ultimi fuochi d’artificio, si trasformerà soltanto nel nuovo banco su cui esercitarsi per il prossimo reportage dedicato agli ecomostri del Belpaese?
riproduzione consentita con link a originale e citazione fonte: rivistanatura.com