Un anno davvero di ferro e fuoco per il Vecchio Continente, questo 2022. Dopo la guerra tutt’ora in corso in Ucraina (il ferro), ecco la stagione del fuoco, con ondate di calore che non accennano a placarsi (punte di 48 °C in Portogallo). Secondo la UE, oltre il 46% del territorio comunitario è a rischio siccità, ovvero di carenze idriche prolungate.
Anche gli inglesi stanno boccheggiando, con picchi di oltre 40 °C, che per loro sono una novità assoluta.
E in questo quadro, come ogni estate, ecco che arriva puntuale anche il fuoco, con l’Unione europea che da questo punto di vista registra quest’anno un record di incendi.
Infatti, dal primo gennaio al 16 luglio negli stati membri sono andati in fiamme complessivamente 346mila ettari di aree boschive, ovvero una superficie più grande dell’intera Valle d’Aosta (326mila ettari).
L’area bruciata è il triplo rispetto alla media degli ultimi 16 anni, che nello stesso arco di tempo è pari a 110.350 ettari.
Il quadro emerge da un’analisi dei dati forniti dall’European Forest Fire Information System (Effis) della Commissione europea. Il numero di grandi incendi (oltre i 30 ettari) dall’inizio dell’anno a oggi si attesta a 1.756, quasi il quadruplo rispetto ai 470 in media dal 2006 al 2021.
Guardando alle singole nazioni, tra i 27 Paesi Ue il più colpito finora è la Romania, con 149mila ettari andati in fumo dall’inizio dell’anno a causa di 735 grandi incendi. Si tratta delle cifre più alte registrate negli ultimi 16 anni. Numeri senza precedenti anche in altri Stati dell’Est Europa, che nei decenni passati (un caso?) erano tra le nazioni meno colpite: Croazia (28mila ettari bruciati in 134 incendi), Bulgaria (7.735 ettari in 50 incendi) e Ungheria (5.877 ettari in 44 incendi). Record anche in Slovacchia, seppure con “solo” 275 ettari coinvolti dalle fiamme.
Il cuore ardente
Ma il cuore “ardente” dell’Europa, anche dal punto di vista incendi, rimane il bacino del Mediterraneo. In Spagna le fiamme hanno bruciato quasi 93mila ettari, il quadruplo della media, con 277 roghi registrati. Sopra la media anche il Portogallo (quasi 28mila ettari in 126 incendi) e la Francia (26mila ettari in 221 incendi). In Grecia, colpita in modo duro dai roghi nel 2021, quest’anno finora gli ettari bruciati sono poco più di 4mila, una cifra sotto la media degli ultimi 16 anni.
E da noi? In Italia dal primo gennaio al 16 luglio sono bruciati 22.930 ettari, una cifra non da record ma nettamente più alta della media 2006-2021, che è pari a 14.061 ettari nello stesso arco di tempo. Gli incendi sino a ora sono arrivati a 204, contro una media di 99 negli ultimi 16 anni.
Le regioni più colpite sono le solite: Sicilia, Sardegna, Calabria, Puglia, Lazio, Toscana, ma con in più le “new entry” dell’Abruzzo e del Friuli, dove sono bruciate vaste zone del Carso triestino e goriziano.
La Liguria, colpita sino ad ora un poco meno rispetto ai picchi degli ultimi anni, si sta anch’essa accendendo negli ultimissimi giorni, con roghi attorno a Sestri ponente e nello spezzino.
Tra l’altro secondo il Sole 24 Ore che cita il Movimento Europa Verde, negli ultimi 21 anni nel nostro Paese, per gli incendi, sono andati bruciati 8 milioni di ettari, il 26% della superficie, con 24mila ettari solo negli ultimi sei mesi.
Infine, è sempre bene ricordare che a oggi il territorio agro-silvo-pastorale è sempre meno controllato. In particolare con l’accorpamento del Corpo Forestale dello Stato (CFS) nei Carabinieri (lgs 177/2016, in adempimento della legge delega 124/2015, iniziativa del Governo Renzi) è tra l’altro venuta meno un’importante azione di presidio istituzionale sul campo, dove la prevenzione rimane ancora la fase più importante nella lotta contro gli incendi.
Insomma la situazione, complice il caldo record e la prolungata siccità, rimane critica in Italia e in tutto il continente, dove gli effetti sugli ecosistemi naturali ed agrari, ma anche nelle città, sono sempre più pesanti. E siamo solo a metà estate.