Dopo l’eccezionale ondata di maltempo che ha flagellato il Paese a inizio novembre, si è tornati a parlare della gestione dei corsi idrici che attraversano i centri abitati.
«La canalizzazione dei corsi d’acqua, il taglio della vegetazione ripariale, l’occupazione di gran parte delle aree naturali di esondazione sono tra le principali cause che hanno grandemente aumentato il rischio per le popolazioni e per molti centri abitati lungo i fiumi», spiega il WWF che ha redatto un documento in cui viene spiegato perché i fiumi lasciati in condizioni naturali siano più sicuri di quelli sottoposti a pesanti interventi antropici.
Cosa accade in un fiume naturale…
Nel fiume naturale la velocità di corrente è attenuata dalla presenza di aree di esondazione naturale o di più rami laterali dove l’acqua può sfogare la sua energia. Un ruolo importante lo gioca la vegetazione ripariale, formata da salici e ontani, che protegge le sponde dall’erosione e rallenta il deflusso delle acque; inoltre, proprio per questo motivo, un fiume naturale con vegetazione ripariale e aree di esondazione ha un’alta capacità autodepurativa ed è in grado di assorbire grandi quantità di nutrienti. Ma non solo: il materiale trasportato tende a depositarsi in maniera omogenea nelle zone di espansione naturale dove l’acqua rallenta e favorisce la deposizione di ghiaie, sabbie e limi. Infine, durante le alluvioni il picco di piena risulta maggiormente contenuto e viene raggiunto più lentamente.
…e cosa in uno canalizzato
Al contrario, laddove il fiume risulti interessato da interventi umani, il corso d’acqua diventa imprevedibile.
Durante le alluvioni, infatti, il picco di piena è più alto e viene raggiunto più velocemente.
Inoltre, la canalizzazione restringe l’alveo del fiume e aumenta così la velocità di corrente concentrando la sua energia soprattutto sul letto del fiume. Velocità di corrente che viene ulteriormente incrementata dalla presenza delle sponde artificiali e dalla mancanza di vegetazione ripariale.
Stesso discorso per il materiale trasportato che ha meno aree dove poter essere depositato – dal momento che mancano le zone di esondazione naturale – e che di conseguenza rischia di accumularsi in punti pericolosi, incrementando così il rischio di esondazione.
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