In giorni come questi si è divisi fra l’esigenza di esprimere il proprio sdegno e il desiderio di chiudersi in un rispettoso silenzio. Di fatto, è difficile, quasi impossibile aggiungere qualcosa di nuovo. È stato già detto tutto e il suo contrario.
C’è chi sostiene che la violenza va repressa con la violenza. E chi invita ad esorcizzarla con l’insegnamento del rispetto reciproco. In molti hanno scritto che siamo dentro la Quarta guerra mondiale. Con una differenza rispetto alle precedenti: non si sa bene chi combatta contro chi.
In quest’ultima frase c’è del vero. Però è altrettanto vero che ogni guerra si combatte con le armi. E il mercato delle armi non conosce crisi. A mantenere la leadership nel mercato mondiale sono gli Stati Uniti con una quota pari al 30 per cento dell’export globale. Sono tallonati dalla Russia (26%), mentre Germania (7%) e Francia (6%) seguono a distanza. La Cina ha effettuato un balzo decisivo negli ultimi anni arrivando a conquistare il 5 per cento
L’Italia invece è leader nell’export di armi leggere (fucili, carabine, pistole, rivoltelle e relative parti di ricambio) con una quota di quasi il 20 per cento. Si calcola che con i propri prodotti arma ben 123 Paesi. Il settore è in continua crescita e questo fa salire anche le preoccupazioni. Le armi leggere, cioè quelle trasportabili da un essere umano, sono usate non solo dalle forze dell’ordine, ma anche da gruppi armati e organizzazioni criminali.
“Tante persone potenti non vogliono la pace perché vivono delle guerre attraverso l’industria delle armi”. Lo ha ricordato Papa Francesco qualche mese fa. Meditiamo.