Che cosa accadrebbe se il coronavirus si diffondesse in una navicella della NASA? Affronta l’argomento un interessante articolo scientifico di Chelsea Gohd, “Getting sick in space: How would NASA handle an astronaut disease outbreak?” (Ammalarsi nello Spazio: come affronterebbe la NASA il caso di un astronauta che si ammala?) pubblicato su Space.com.
Nella foto di apertura: Gli astronauti della Expedition 62 all’interno di una navicella di rifornimento SpaceX Dragon CRS-20 in visita alla Stazione Spaziale Internazionale. Le maschere che indossano servono a proteggere da particelle e sostanze irritanti che potrebbero essersi staccate all’interno del Dragon durante il volo. (Image: © NASA)
Ammalarsi nello Spazio: le risposte della NASA
«In rare occasioni nel corso della storia dei voli spaziali è successo che gli astronauti si siano ammalati durante la loro permanenza nello Spazio. Mentre erano in orbita, alcuni di loro hanno sofferto di infezioni delle vie respiratorie superiori o di raffreddori, infezioni del tratto urinario e infezioni della pelle» ha detto a Space.com Jonathan Clark, ex medico dell’equipaggio del programma Space Shuttle della NASA e attuale professore associato di neurologia e medicina spaziale presso il Center for Space Medicine del Baylor College of Medicine.
Durante la missione Apollo 7, nel 1968, l’equipaggio prese il raffreddore e il fatto ebbe un impatto significativo sul programma. Molto probabilmente il comandante Wally Schirra salì a bordo con un leggero raffreddore e lo diffuse agli altri membri dell’equipaggio. Gli astronauti finirono i medicinali presenti a bordo e i fazzoletti… e hanno avuto problemi a indossare il casco durante il rientro nell’atmosfera terrestre.
Analoghi casi di raffreddore si sono registrati tra gli astronauti di Apollo 8 e Apollo 9.
Quarantena pre-volo
A seguito di queste esperienze, la NASA ha introdotto nella pianificazione delle missioni una quarantena pre-volo per gli equipaggi delle navicelle spaziali.
Inoltre, ha cominciato a studiare degli scenari più complessi. Per esempio, potrà succedere in futuro che gli equipaggi di missioni spaziali debbano combattere malattie ben più gravi e in ambienti potenzialmente più difficili, per esempio sulla base lunare del programma Artemis.
Per quanto riguarda le emergenze mediche, gli astronauti sono stati finora curati a distanza all’assistenza medica a terra, grazie alle crescenti capacità di comunicazione. Per esempio, i medici del Centro di Controllo sono stati in grado di trattare un astronauta che ha subito un coagulo di sangue mentre era a bordo della stazione spaziale.
Come cambiano virus e batteri nello Spazio
I modi in cui le infezioni si diffondono e come si comportano i virus e le malattie nel corpo cambiano quando gli esseri umani vanno nello spazio. A causa dello stress fisico in un ambiente confinato senza la gravità, anche le malattie banali come il raffreddore possono assumere un aspetto diverso per gli astronauti.
I cambiamenti nei livelli degli ormoni dello stress e altre ripercussioni fisiche del volo spaziale causano un cambiamento del sistema immunitario. Mentre un astronauta potrebbe avere un buon sistema immunitario sulla Terra, potrebbe essere più suscettibile a malattie o addirittura a reazioni allergiche mentre è nello Spazio.
Il dott. Clark ha spiegato che virus come l’influenza o il COVID19 potrebbero essere trasmessi più facilmente in un ambiente a microgravità, come sulla Stazione Spaziale Internazionale: «L’assenza di gravità impedisce alle particelle di depositarsi, quindi rimangono sospese nell’aria e potrebbero essere trasmesse più facilmente. Per evitare questo, i compartimenti sono ventilati e il sistema di areazione è dotato di filtri HEPA che rimuovono le particelle».
Il risveglio dei virus dormienti
Gli scienziati hanno scoperto che i virus dormienti reagiscono alle sollecitazioni del volo spaziale. È stato accertato che virus come l’Herpes Simplex si riattivano durante il volo spaziale. Inoltre, gli studi in corso hanno ipotizzato che una maggiore virulenza batterica nello spazio possa rendere meno efficaci i trattamenti antibiotici.
Per questo, in particolare nel caso di missioni extra-planetarie, l’equipaggio verrebbe messo in quarantena al ritorno sulla Terra, proprio come avveniva nelle missioni di ritorno dalla Luna.
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