Secondo un recente sondaggio, fare una foto con un elefante è l’aspettativa del 40% dei turisti che si recano in vacanza in Thailandia. Se si calcola che 2016 sono stati oltre 30 milioni i visitatori che hanno soggiornato nello stato asiatico, emerge che circa 13 milioni di persone hanno coronato il loro sogno, alimentando però un business di crudeltà e soprusi nei confronti degli animali.
Giro d’affari in crescita
Dietro alle foto ricordo scattate a fianco degli elefanti si nascondono incredibili maltrattamenti ai danni degli animali.
Le indagini condotte dall’associazione World Animal Protection hanno mostrato che i tre quarti dei 3mila elefanti osservati erano tenuti in condizioni del tutto inadeguate.
Molti animali avevano le zampe legate da catene di neppure tre metri di lunghezza, costretti a stare tutto il giorno tra la folla e la musica alta per essere poi rinchiusi in piccoli serragli di cemento.
Lo stop delle compagnie
Nel 2016 il portale TripAdvisor ha annunciato che non venderà più biglietti per le attrazioni turistiche che utilizzano elefanti e 160 compagnie di viaggio di tutto il mondo hanno già seguito l’esempio. Nonostante possa sembrare paradossale, la richiesta dei turisti non accenna a diminuire. Spesso non si conosce il prezzo che gli animali pagano solo per assecondare il desiderio di un’esotica passeggiata in groppa a un elefante. «L’educazione dei turisti è il primo passo da compiere – ha detto Jan Schmidt-Burbach, veterinario dell’Associazione -. Se i turisti sapessero che questi animali sono strappati alle loro madri ancora da cuccioli e che vengono letteralmente torturati, forse ci penserebbero due volte prima di fare certe richieste».
Da dove vengono gli elefanti
Gli elefanti utilizzati per le attrazioni turistiche thailandesi arrivano dal vicino Myanmar. Anche grazie alle frontiere porose, il traffico di animali riesce a eludere i controlli. Gli animali vengono sottratti dal loro ambiente naturale quando ancora sono cuccioli e venduti al prezzo medio di 60mila euro.
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