Nell’ultimo decennio i ghiacciai alpini hanno continuato a ritirarsi a grande velocità nell’ultimo decennio. Una conseguenza del cambiamento climatico che non può più essere ignorata.
Un gruppo di ricercatori del dipartimento di Scienze e politiche ambientali (ESP) dell’Università Statale di Milano ha partecipato alla realizzazione di un catasto di tutti i ghiacciai alpini nell’ambito di uno studio internazionale.
La ricerca ha permesso di avere dati aggiornati all’ultimo decennio sulla “salute” dei nostri ghiacciai.
Lo studio si basa sui dati acquisiti dai satelliti europei Sentinel-2 nel periodo 2015-2017, resi disponibili gratuitamente dall’agenzia spaziale Europea (ESA). I ricercatori hanno elaborato i dati con una tecnica che permette di delineare anche i “ghiacciai neri”, ovvero quelli coperti da uno strato consistente di detriti, che sono in aumento sulle Alpi e sono difficilmente individuabili dai satelliti.
Accanto a giganti come l’Aletsch, con i suoi 77 km2, vi sono una miriade di ghiacciai con dimensioni inferiori a 0.1 km2, che costituiscono la maggioranza del glacialismo alpino.
Da questo catasto aggiornato dei ghiacciai alpini, risulta che:
- ci sono 4.395 ghiacciai sulle Alpi
- la superficie totale è di 1806 km2
- il 49.4% sono in Svizzera
- il 20% in Austria
- il 12.6% in Francia
- il 18% in Italia (325 km2).
Confrontando i dati di questo catasto con quelli del precedente Inventario alpino, relativo al 2003, le perdite sono state di circa il 13.2%. Questo dato indica come il ritiro dei ghiacciai continui senza pause dagli anni ’80 fino ai giorni nostri.
Se confrontiamo poi questi nuovi dati con quelli del secolo precedente, ovvero con il primo Catasto Glaciale italiano compilato nel 1960 dal Comitato Glaciologico Italiano, la riduzione dei ghiacciai italiani è addirittura pari a 200 km2, una superficie di poco inferiore a quella del lago Maggiore.
I ghiacciai lombardi
Confrontando il dato ottenuto dall’analisi delle immagini satellitari odierne con la superficie dei ghiacciai italiani censita nel precedente catasto, si calcola un tasso di ritiro annuo che supera l’1.6% per i ghiacciai Lombardi.
Emblematico è il caso del ghiacciaio dei Forni, una volta il più grande ghiacciaio vallivo italiano, che è ora diviso in tre parti non più comunicanti tra loro.
L’impressionante documentazione fotografica della riduzione ghiacciaio dei Forni.
La ricerca
Questa ricerca è frutto di una collaborazione tra UNIMI, Università di Zurigo, Università di Grenoble e la società Austriaca ENVEO IT Gmbh ed è stata pubblicata su Earth system Science Data.
È stata condotta grazie al contributo di Sanpellegrino Levissima S.p.A. e i giovani ricercatori coinvolti nello studio, sono stati supportati dal DARA (Dipartimento degli Affari Regionali e Autonomie) – Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del progetto GlacioVAR (sotto la guida della professoressa Guglielmina Diolaiuti – UNIMI ESP).
Si tratta del primo studio in cui vengono censiti tutti i ghiacciai alpini utilizzando una metodologia condivisa e il più possibile standardizzata. La pubblicazione del catasto in modalità “open access” garantisce l’accesso a tutti i ricercatori e al grande pubblico.
Avere a disposizione dati precisi e aggiornati è importante per valutare il regresso dei ghiacciai nel tempo e sviluppare modelli previsionali per ottenere indicazioni sulla sensibilità dei ghiacciai ai cambiamenti climatici e le conseguenze per la disponibilità idrica per usi civili e la produzione di energia idroelettrica.
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