L’ultima volta che vidi un film Western ero seduto sulle ginocchia di mio padre. Nonostante il tempo trascorso è rimasto nitido in me il ricordo di quelle lunghe riprese ravvicinate sugli sguardi dei “pistoleri”, dove per interminabili minuti tutto appariva immobile, tranne il movimento dei loro occhi. All’improvviso la scena esplodeva e si trasformava in un caos di polvere, urla, sangue e proiettili sparati in ogni direzione.
Poi c’erano gli indiani, cioè i “cattivi”. Erano cattivi perché uccidevano i bianchi, cioè i “buoni”. Perché i ruoli si invertissero (almeno in parte) dovemmo attendere l’arrivo del tenente John Dunbar che in Balla coi Lupi (film del 1990) tentò di far capire al mondo che se i “pellerossa” non concordavano pienamente con chi voleva sterminarli, una ragione l’avevano.
Così gli indiani diventarono un po’ meno cattivi, anche se qualcuno sostiene che se la storia si fosse invertita, oggi in Europa si troverebbero le riserve dei “pellebianchi” (il problema non sarebbe quindi il colore dalla pelle ma la specie homo sapiens sapiens), ma questa è un’altra storia.
Nei film Western gli indiani apparivano sempre all’improvviso, come fantasmi, solitamente nei boschi o sulle creste più alte dei canyon mentre a fondovalle passavano le carovane cigolanti dei pionieri. La scena successiva era sempre la stessa, con le carovane che si disponevano in cerchio e le donne e i bambini che venivano protetti sotto i tendoni. Poi gli uomini bianchi e quelli rossi iniziavano a sparare e a rincorrersi, mentre i malcapitati cavalli rotolavano nei precipizi o inciampavano finendo rovinosamente col muso a terra.
Come quasi tutti i bambini ero affascinato dalle armi (passione che terminava puntualmente con la scritta “FINE” del film). Durante uno dei tanti scontri chiesi a mio padre come fosse possibile che i “buoni” e i “cattivi” avessero gli stessi fucili. Lui rispose che a quel tempo probabilmente esisteva solo quel modello. Poi aggiunse che il fabbricante dei fucili era l’unico vero vincitore, perché mentre quei poveri disgraziati si ammazzavano, lui se ne stava comodo sulla sua poltrona e si arricchiva vendendo a tutti i suoi fucili. Impiegai un po’ di tempo perché il concetto mi fosse totalmente chiaro.
Nonostante la mia passione per i Western fosse iniziata e terminata con l’infanzia, la visione di quegli scenari grandiosi dell’ovest americano era riuscita a cristallizzarsi dentro me. Lo scopro però solo ora, mentre percorro le piste polverose della Monument Valley. Il mio fuoristrada si è trasformato in un carro trainato da due cavalli, uno bianco e uno nero (per par condicio) e la mia macchina fotografica è diventata una Colt 45. Intanto in lontananza vedo rotolare leggere balle di paglia e rametti trasportate dal vento, come accade in tutti i film western che si rispettino. Osservo le creste di quei maestosi blocchi di rocce corrosi dall’acqua e dal vento. Gli giro intorno, aspettandomi di essere assaltato dai miei “nemici” armati dei loro/nostri Winchester. Poi da dietro un’altura appare la figura di un uomo solitario a cavallo. Ha la stessa sagoma dell’intramontabile John Wayne (da piccolo mi chiedevo perché venisse affidata a lui la parte dell’eroe leggendario, quando la sua espressione flemmatica l’avrebbe reso poco credibile anche come vigile urbano al comune di Stroppo tra le remote montagne della Val Maria al confine con la Francia).
Niente assalto da parte degli indiani, mentre l’uomo a cavallo si rivela essere una guida turistica che probabilmente ha appena riportato i suoi clienti in hotel. Anche i nitriti dei due cavalli che trainano il mio carro spariscono all’improvviso, rimpiazzati dallo scoppiettio dei quattro pistoni del fuoristrada. Infine la Colt 45 torna ad essere la mia Nikon D3s.
Resta però l’emozione di esser tornato indietro nel tempo: quell’esperienza ha risvegliato i miei ricordi, facendomi confondere le fantasie di bambino con la realtà. Dalla mia camera vedo le cime maestose della Monument Valley. Tutto il personale dell’hotel è rigorosamente di origine Navajo, anche la dirigenza dicono essere “pellerossa”. Allo shop si vendono magliette con una vecchia foto in bianco e nero di quattro indiani armati di fucili, con la scritta “fighting terrorism since 1492”. Ripenso a mio padre quando mi diceva che l’unico vincitore era il produttore degli infallibili Winchester. Peace and love to everybody!
Il momento dello scatto
A volte risulta estremamente complesso trovare un’inquadratura che soddisfi. Ma non è certo una regola. Può ad esempio anche capitare di uscire sul balcone dell’hotel (la cui camera non a caso costa una fortuna) e trovarsi nella condizione di non dover fare altro che rientrare in camera a recuperare cavalletto e attrezzatura fotografica per montarla all’esterno.
Osservando la scena di fronte a me notai che nel Parco giravano ancora alcune auto e che a volte i loro fari illuminavano le rocce. Impostai la macchina fotografica in modalità manuale e seguendo la regola del “cinquecento”, indispensabile per definire tempi e diaframmi per le riprese notturne in modo da evitare l’effetto mosso delle stelle dovuto alla rotazione della Terra, modificai i vari parametri in modo da ottenere la corretta esposizione.
La regola determina i tempi di esposizione in relazione alla lunghezza focale dell’obiettivo (una maggiore lunghezza focale richiede tempi più rapidi e viceversa). Quindi il numero fisso cinquecento/lunghezza focale (nel mio caso avrei scattato con un obiettivo da 17 mm) = 29,4 secondi, approssimati a 30 secondi di tempo di esposizione. Regolai il diaframma quasi tutto aperto (f 3,5) e feci un paio di prove mantenendo la sensibilità del sensore più bassa possibile per ottenere un risultato di qualità. Impostata la messa a fuoco in modo manuale la regolai sul fondo scala dell’infinito per poi tornare indietro con la ghiera di qualche grado. Infine scattai cercando di anticipare il movimento delle auto, in modo da riprendere l’illuminazione che si proiettava su una delle grandi formazioni rocciose.
Dati tecnici
- Data: 04/06/2016
- Corpo macchina: Nikon D3s
- Obiettivo: Nikon 17/35 f2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 24 mm.
- Apertura diaframma: F4
- Tempo otturatore: 15”
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 5000
- Modo di ripresa: M (manuale)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze: