Mentre a Glasgow si chiudono i lavori della COP26, le conseguenze dei cambiamenti climatici non sono solo quelle temute per il 2030 o il 2050: già oggi la sopravvivenza delle api e degli altri impollinatori è messa a dura prova e crolla la produzione di miele.
Dopo i pesticidi, uno dei maggiori pericoli per la sopravvivenza delle api è proprio il clima che cambia. Il fenomeno del riscaldamento globale, che non ha precedenti su una scala multi-decennale, centenaria o addirittura ultra-millenaria sta già determinando importanti effetti, tra cui l’aumento di fenomeni meteorologici estremi, l’innalzamento del livello del mare, la diminuzione del ghiaccio Artico, l’incremento di incendi boschivi.
Gli ecosistemi più fragili, ma anche i più essenziali per l’esistenza della biodiversità nel pianeta, sono le prime vittime.
La perdita di impollinatori, da cui dipende oltre il 70% della produzione agricola per la nostra alimentazione, determina come conseguenza il calo di produttività delle coltivazioni.
Una notizia poco rassicurante in un mondo che, pur registrando il record di sprechi e sovrapproduzioni intensive, sta scivolando verso un allargamento delle fasce di povertà estrema e malnutrizione.
Una delle spie degli effetti negativi dei cambiamenti climatici e del riscaldamento globale è la drammatica diminuzione delle api domestiche e selvatiche. Secondo i dati forniti da Conapi-Mielizia, unica e autentica filiera di miele convenzionale e biologico in Italia:
- la media produttiva è pari a 5 – 6 kg per alveare contro i 12 – 13 kg annata 2020 l’acacia è quasi assente, scarsi anche gli agrumi e le produzioni estive
- dal 2010 al 2020 il numero di alveari Conapi-Mielizia è raddoppiato, viceversa la produzione si è ridotta di oltre la metà
Proprio per la situazione di continua alternanza caldo torrido, forte vento, piogge e grandinate, infatti, i fiori non secernono più nettare e polline e le api, in sofferenza per il clima anomalo, non solo non producono miele, ma rischiano di non riuscire a fornire il loro determinante servizio di impollinazione alle colture agricole.
«Le difficoltà delle api – sottolinea Nicoletta Maffini Dg CONAPI-Mielizia – sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e sono indispensabili al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori. In media, una singola ape visita in genere circa 7mila fiori al giorno e ci vogliono quattro milioni di visite floreali per produrre un chilogrammo di miele. Tre colture alimentari su quattro dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono mele, pere, fragole, ciliegie, cocomeri e meloni, secondo la FAO».