La violenza sugli animali, e su qualsiasi essere vivente, non dovrebbe mai essere sottovaluta ma, anzi, messa sotto i riflettori, esaminata e trattata con attenzione come un pericoloso indicatore predittivo di ulteriori azioni criminose che possono arrivare a conseguenze estreme.
Una cultura che pone una netta separazione fra persone e animali non umani, valutando l’importanza e la gravità delle azioni in base alla specie oggetto del comportamento violento, porta a una grave sottovalutazione della pericolosità sociale del responsabile. La capacità di compiere atti crudeli nei confronti degli animali deve essere valutata come una possibile forma di allenamento, volta a ottenere una desensibilizzazione verso la sofferenza, un voluto depotenziamento dell’empatia.
La correlazione tra il maltrattamento sugli animali e le azioni violente sulle persone
Molti criminali, che si sono resi responsabili di violenze arrivate sino all’uccisione di persone, avevano precedenti per maltrattamenti inferti agli animali. Diversi studi hanno dimostrato che esiste un’escalation nei comportamenti dei violenti, tanto che da molti anni negli Stati Uniti l’FBI ha creato un database dei soggetti resisi responsabili di gravi reati nei confronti degli animali, con lo scopo di utilizzarne i dati nelle indagini per l’individuazione dei responsabili di crimini violenti e di omicidi seriali.
Uno dei primi studi a dimostrare questa correlazione è stato condotto da Kellert e Felthous nell’oramai lontano 1987. I ricercatori hanno intervistato 1.200 adulti, dei quali 373 si erano resi responsabili di atti di violenza sugli animali, scoprendo che le persone che avevano commesso abusi su animali risultavano essere più inclini a commettere azioni violente contro esseri umani, in particolare contro le persone della stretta cerchia familiare. Molte altre ricerche scientifiche sono state condotte su questo argomento, tutte con una coincidenza di visione che lega in modo indissolubile la violenza contro le persone con quella operata nei confronti degli animali.
Pene basse e assenza di misure preventive
In Italia, invece, l’attenzione verso questo tipo di reati non è ancora proporzionale alla gravità dei comportamenti, tanto da far considerare il maltrattamento di animali come un reato lieve e infinitamente meno grave delle violenze commesse su umani.
Il maltrattamento e l’uccisione di animali, pur essendo considerati delitti dal nostro ordinamento, prevedono pene molto basse che diminuiscono il potere di deterrenza; inoltre, non vi è la possibilità di adottare misure preventive per evitare la reiterazione dei comportamenti, come ad esempio il divieto assoluto di detenere animali per una persona condannata per reati violenti.
Da tempo si parla di aumentare le pene per quanti commettono azioni crudeli a danno degli animali, ma tutte le proposte di legge in questo senso sono sempre rimaste ferme nei cassetti della commissione giustizia, senza fare significativi passi in avanti. Un comportamento reiterato dalla politica che troppo spesso presenta disegni di legge su vari argomenti, senza impegnarsi poi per l’effettivo avanzamento legislativo ma riducendo l’attività al semplice deposito per farsene vanto. Per questa ragione molte leggi poste a tutela degli animali, sia domestici che selvatici, sono da considerarsi sorpassate e poco efficaci rispetto ai tempi, con sanzioni spuntate e con i tempi di prescrizione sempre troppo vicini, in un paese dove la giustizia viaggia con tempi lentissimi e riti ottocenteschi.
In un’epoca in cui tutto avviene, per contro, molto, troppo, velocemente, dove le continue notizie che appaiono sui giornali, talvolta enfatizzate ad arte per seguire le logiche del clickbait, possono diventare controproducenti provocando atti di emulazione, in personaggi con gravi alterazioni della personalità.
La pericolosa cassa di risonanza dei social
Una notizia che rimbalza sul web può avere scarso rilievo per fare prevenzione, mentre può stimolare una reiterazione della violenza in persone narcisiste, sempre alla costante ricerca di un momento notorietà.
I canali social, inoltre, funzionano come pericolosa cassa di risonanza dei comportamenti deviati e non hanno alcuna funzione informativa, rendendo così la viralità di alcuni messaggi utile soltanto a alimentare l’ego dei violenti. Per questa ragione sarebbe importante che ognuno di noi imparasse a fare molta attenzione, cercando di capire se la condivisione di determinati post rappresenti uno strumento per condividere conoscenza o, invece, un modo per generare altra violenza, anche se soltanto verbale.
Dalla consapevolezza dei cittadini, oltre che dal progresso delle normative, passa l’evoluzione della nostra società e la maggior consapevolezza circa l’utilità di monitorare e prevenire devianze e comportamenti socialmente pericolosi per tutti gli animali, umani e non.
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