Una dottoressa americana, Marlo Morgan, ebbe l’opportunità inaspettata di vivere per lungo tempo, circa quattro mesi, con una tribù aborigena, la Vera Gente. Un’esperienza davvero unica e preziosa per la donna, che, tornata negli Stati Uniti, decise di pubblicare la sua avventura, in un libro pubblicato poi anche in Italia dal titolo E venne chiamata Due cuori.
Sono davvero molte le riflessioni contenute in questa esperienza; noi occidentali non possiamo che imparare da quel popolo grandioso degli aborigeni. Da queste pagine si evince come sia fondamentale la ricerca di sé, nel rapporto con il mondo, con l’altro diverso da me e con quello che noi chiamiamo Dio.
Consiglio caldamente di leggerlo; non si può che progredire conoscendo questo popolo, perché il progresso non è nello smartphone migliore o nel Paese con l’economia più stabile, bensì in una umanità migliore.
Tra i diversi spunti, ho scelto un passo particolare; Marlo è ormai da tempo nel cosiddetto Outback australiano e spesso un gran numero di mosche arriva per infastidire, a suo modo di vedere, tutta la tribù. Ma, come spesso accade in Natura, ciò che l’uomo stupidamente disprezza, si rivela assai utile e a volte geniale. Occorre forse cambiare spesso punti di vista.
Nel Tutto, ogni cosa ha uno scopo. Non ci sono errori, né stranezze, né incidenti, ma solo cose che gli esseri umani non capiscono. Tu credi che le mosche del deserto siano cattive, infernali, così per te lo sono, ma questo è perché non hai ancora raggiunto il necessario livello di comprensione e saggezza. Invece sono creature necessarie e benefiche. Si infilano nelle orecchie e ne estraggono il cerume e la sabbia che vi si accumulano mentre dormiamo. […] Gli esseri umani non potrebbero esistere se tutto ciò che è sgradevole venisse eliminato invece di essere compreso.
Marlo Morgan, E venne chiamata Due cuori