Gli uccelli rapaci suscitano da sempre l’interesse dei fotografi naturalisti, in particolare le specie poco inflazionate. Il falco di palude (Circus aeruginosus), nonostante sia molto comune in tutta la Sardegna, è una di queste. Io e l’amico e collega Edoardo Simula abbiamo dedicato un anno alla realizzazione di un piccolo portfolio. La prima e fondamentale fase del lavoro è stata dedicata all’osservazione degli animali da un punto di vantaggio a grande distanza per capire quali fossero le zone di caccia più battute.
Prima fase: l’osservazione
Le rive dello stagno sono coperte di canne e tamerici. Tutto intorno campi arati divisi da scacchiere di lentisco e rovi. Rispetto ad altri rapaci di taglia simile, il falco di palude si esibisce spesso in un volo radente, a pochissimi metri dal suolo, “cucendo” il perimetro dei campi in un volteggio lento e ipnotico lungo i confini, pronto a catturare topi o rettili: una caratteristica che lo rende inconfondibile anche in lontananza. Altre volte invece sorvola il muro di canne per sorprendere uccelli acquatici o più raramente pesci.
Una volta individuati i principali corridoi di caccia decidiamo di costruire il capanno. Il momento migliore è quello successivo alla nidificazione, quando i giovani si sono involati e le coppie adulte sono meno suscettibili al disturbo. Non vogliamo fare foto sui nidi, ma decidiamo comunque di adottare tutte le precauzioni possibili per limitare al massimo il disturbo dato dalla nostra presenza in zona. Orientiamo il capanno verso nord in modo da poter sfruttare la luce del sole per il maggior numero possibile di ore durante la giornata. Il capanno è costruito su una sponda dello stagno, con canne e teli dello stesso colore. L’altezza da terra è minima per avere una prospettiva molto bassa sull’acqua, caratteristica che ci costringerà a entrare strisciando, rigorosamente prima dell’alba per evitare di essere visti.
Il posatoio
Davanti al capanno, a circa 20 metri di distanza, posizioniamo una robusta radice di eucalipto. In questo tipo di ambiente caratterizzato da vegetazione riparia molto flessibile e mobile è probabile che venga eletto come posatoio proprio dal falco. Il posatoio viene sorvegliato da una fototrappola che ci fornisce informazioni preziose su tutta l’avifauna che visita quella sponda. Nel giro di qualche mese il falco comincia a utilizzare il nostro “regalo”.
Iniziamo così un lavoro a turni, cercando di coprire quasi tutti i giorni della settimana. Durante questo periodo il capanno si allaga, una parte della struttura cede rendendolo utilizzabile solo da una persona per volta e le vespe costruiscono un nido al suo interno. Ma il lavoro è stato entusiasmante e impegnativo e ci ha permesso di fare, oltre che semplici fotografie, anche osservazioni molto interessanti dal punto di vista naturalistico e che ha acquisito un valore aggiunto proprio per la pianificazione condivisa.
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