Nel cuore della barbagia, a pochi minuti dal centro abitato di Nuoro, esiste un posto particolarmente caro agli abitanti del capoluogo. Il Monte Ortobene, con i suoi 955 metri sul livello del mare, è poco più di un colle, eppure, il valore identitario, storico e ambientale è inestimabile.
A parte la cima più alta (Cuccuru Nigheddu), a testimonianza della complessità morfologica dell’Ortobene, si possono evidenziare altri rilievi ben distinti dal corpo principale, che insieme alle vallate circostanti regalano ai visitatori uno scenario molto suggestivo. Questa complessità deriva dalla natura interamente granitica del rilievo, modellato da specifici agenti responsabili, biotici o abiotici. L’incessante lavorio della pioggia, del vento, delle radici delle piante, del caldo e del gelo protratti per millenni, ci ha regalato le sculture naturali magiche e affascinanti che oggi possiamo osservare nei boschi dell’Ortobene. Le più caratteristiche sono i tafoni, una forma di erosione che procede dal basso verso l’alto e dall’interno verso l’esterno, formando cavità e alveoli, spesso celati in una roccia apparentemente compatta. La formazione dei tafoni è legata a fenomeni di termoclastismo e di dissoluzione chimico-fisica della roccia.
Nonostante i terribili incendi che negli anni ’70 hanno colpito il territorio, vaste zone di lecceta sono rimaste intatte e si lasciano ammirare nel loro splendore in uno dei tanti sentieri che attraversano il cuore verde dell’Ortobene. Il bosco di lecci si alterna con i meno caratteristici rimboschimenti di conifere e con vaste aree di macchia mediterranea. La varietà degli ambienti e delle associazioni floristiche è anche alla base della ricchezza faunistica del Monte Ortobene e delle vallate circostanti.
I cinghiali, forti dei divieti di caccia presenti su tutta l’area, sono presenti in gran numero e le tracce lasciate al suolo sono inequivocabili. Nel silenzio del bosco il rumore del volo dei colombacci, il canto delle ghiandaie e il tamburellare dei picchi rossi sulla corteccia degli alberi diventano frastuono, riempiendo lo spazio di nuove vibrazioni. Le elusive martore, non più cacciate per trarre profitto dalla vendita della pelliccia, sono diffuse in tutto il territorio, così come le donnole, che prediligono le zone di macchia mediterranea ai margini del bosco. La maestosa aquila reale nidifica ancora negli angoli più reconditi della montagna, ma riuscire a osservarla richiede studio e pazienza. Il più delle volte è un incontro fugace, che termina presto con una picchiata all’interno di un canalone o con un volo altissimo verso il sole. Il canto degli assioli riempie le notti estive e si alterna al grido delle volpi regalando suggestioni sempre nuove.
Infine, come un mistero che viene svelato sul finale, dal cuore del bosco affiorano le testimonianze del passato. Resti di nuraghi e di tombe ipogee (domus de janas) ci raccontano come il Monte Ortobene fosse popolato fin dal neolitico. Le domus de janas sono state ritrovate principalmente alle quote medio-basse dei versanti occidentali, nella zona di Borbore, Valverde, Maria Frunza e Janna Bentosa. Intorno al 2000 a. C., si assiste al passaggio dall’età del rame a quella del bronzo e durante questa fase, nel Monte Ortobene, come nel resto della regione, fanno la loro comparsa i nuraghi. Questi, purtroppo, hanno subito nel XIX secolo gli effetti dell’Editto delle Chiudende, che ha comportato lo smantellamento di tantissime strutture per far fronte alla necessità di recintare i terreni privatizzati con i caratteristici muretti a secco. Nonostante queste scelte scellerate, ancora oggi si possono ammirare le testimonianze di alcune costruzioni nuragiche nella zona di Jacu Piu e di Valverde, immersi in un contesto di grandissimo valore ambientale.
Bibliografia utile
“Il Monte Ortobene” di Domenico Ruiu e Renato Brotzu
“Su Monte” di Domenico Ruiu
“Ortobene wildlife – fauna selvatica degli ecosistemi boschivi nuoresi” di Bobore Frau
“I sentieri del Monte Ortobene” di Severino Prina e Massimiliano Mele