Ho incontrato Simone Moro in una bella giornata di sole, un paio di settimane fa, in una zona sperduta e senza rete sopra a Bergamo.
Non è stato casuale, io ero stato invitato a una presentazione di prodotto e l’alpinista aviatore (così si definisce riprendendo la descrizione che di lui fa Wikipedia) doveva illustrare l’importanza e l’indispensabilità dello strumento Garmin in Reach che consente di essere rintracciati ovunque, anche dove non esiste campo…
Ovviamente ne avevo letto, visto e sentito parlare in qualità di grande figura dell’alpinismo italiano e internazionale , ma non lo avevo mai incontrato di persona e non davo per scontato che avrei trovato un personaggio alla mano e disponibile a fare due chiacchiere.
E invece…
Invece Simone Moro è simpatico, intelligente, diretto, ironico e, come scoprirete dall’intervista “non se la tira” proprio, anzi, parla delle scalate invernali sulle vette degli 8.000, senza ossigeno “in inverno perché non c’è gente in giro”, come io parlo di quello che ho mangiato a mezzogiorno. Come tutti quelli consapevoli delle proprie capacità, non ha bisogno di dire chi è e cosa fa.
Nell’intervista che ho voluto strappargli quando tutti erano già andati via, descrive la Natura come chi l’ama e la sente fino in fondo come sua, racconta delle sue prime ferrate a 8 anni, quando viene rapito per sempre dalle montagne, del suo non sentirsi un campione, stimolo continuo a migliorarsi, della sua ambizione e dell’importanza di prepararsi tanto e più degli altri.
Mostra anche un’attenzione particolare nei confronti dell’ambiente e delle poverissime popolazioni di Nepal e Pakistan.
Perché un vero campione è sempre cosciente anche del contesto in cui realizza le proprie imprese.
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