Secondo un recente studio apparso sulla prestigiosa rivista scientifica Earth and Planetary Science Letters, la roccia più antica della Terra non sarebbe stata trovata sul nostro Pianeta ma sulla Luna. Si tratta infatti di un frammento di felsite, una roccia granitica raccolta dall’astronauta Alan Shepard il 6 febbraio 1971 durante la missione Apollo 14. I risultati delle analisi sulla composizione chimica del clasto hanno mostrato come questa sia maggiormente associabile alle condizioni di formazione tipiche degli ambienti terrestri piuttosto che lunari. Come spiegare dunque la presenza di rocce terrestri sul nostro satellite?
I risultati delle analisi
Il clasto oggetto dello studio fa parte della breccia “14321”, una roccia sedimentaria composta da particelle rocciose di varia natura aggregate tra loro da una matrice solida. Questa è stata interpretata come il risultato del materiale detritico eiettato a seguito dell’impatto meteoritico che ha creato il Mare di Imbrium, uno dei grandi crateri che segna la superficie lunare. Tuttavia, i risultati delle analisi geochimiche mostrano delle incongruenze con l’ambiente di formazione lunare. La pressione di cristallizzazione a cui dovrebbe essersi formata la felsite, basandosi sulla composizione chimica dei minerali quarzo e zircone, suggerisce una profondità di formazione di circa 160 km, un valore eccessivo per la cristallizzazione di un fuso di tale composizione e soprattutto incompatibile con la profondità di escavazione dell’impatto meteoritico calcolata attorno ai 30-70 km. Allo stesso modo l’associazione dei minerali zircone, betafite e ilmenite nel clasto registrerebbe un ambiente di formazione a bassa temperatura, in condizioni ossidanti e possibilmente con presenza di fluidi ricchi in acqua o fluoro: un ambiente praticamente eccezionale per la Luna, ma molto più comune sulla Terra. In contrasto però, la composizione chimica generale, la presenza di ferro metallico, e la composizione degli isotopi del piombo nei cristalli di feldspato presenti, suggerirebbero un ambiente di formazione più riducente e dunque più tipico a quello lunare.
Due possibili origini
Quindi? Dove si è formato il clasto di felsite del campione 14321? Sulla Luna o sulla Terra? E se si è formato sulla Terra com’è arrivato sulla superficie del nostro Satellite? Gli autori dello studio propongono due possibili teorie per spiegarne la provenienza. La prima è che la felsite sia di origine lunare, formata probabilmente tra 30 e 70 km di profondità nella crosta della Luna, in un inusuale ambiente magmatico ossidante, nella zona subito sovrastante il mantello. Secondo gli autori, un ambiente con fugacità di ossigeno maggiore potrebbe essere spiegato dall’arricchimento relativo in elementi incompatibili nel fuso per fenomeni di cristallizzazione frazionata dei magmi: un po’ quello che avviene nelle profondità del nostro Pianeta con le intrusioni magmatiche. Il clasto sarebbe stato portato “a giorno” dall’impatto meteoritico e dislocato rispetto alla sua zona di formazione originaria. La seconda possibilità invece è più affascinante e spiegherebbe perfettamente tutte le caratteristiche geochimiche del campione. La felsite si sarebbe formata sul nostro Pianeta circa 4 miliardi di anni fa, ad una profondità di circa 19 km. Un grosso impatto meteoritico, avvenuto in un momento imprecisato della storia del nostro Pianeta, avrebbe sollevato una grande quantità di detriti nello spazio, alcuni dei quali sarebbero stati catturati dalla gravità della Luna raggiungendone la superficie come meteoriti terrestri. Qui il frammento sarebbe stato inglobato dalla regolite -la tipica sabbia presente sulla superficie del satellite-, per poi essere sottoposto a processi chimici e termici legati all’impatto che ha creato il cratere di Imbrium. In questo caso ovviamente le caratteristiche geochimiche osservate, afferenti all’ambiente lunare, si sarebbero registrate soltanto alla formazione della breccia 14321.
La luna come “archivio” della Terra primordiale
Se quest’ultima teoria venisse confermata, la Luna si dimostrerebbe l’archivio naturale per eccellenza da cui poter “leggere” la storia più antica del nostro Pianeta. Gli impatti meteoritici infatti sono stati piuttosto frequenti nella storia terrestre e allo stesso tempo il nostro Satellite si è trovato anche a distanze più ravvicinate rispetto a come lo vediamo oggi. In aggiunta, i movimenti tettonici e la vivace attività geologica della Terra ne hanno quasi completamente obliterato i tratti primordiali. La Luna invece potrebbe ancora conservare tanti piccoli tasselli che, se recuperati ed analizzati, ci potrebbero aiutare a ricostruire con un dettaglio straordinario le fasi iniziali della formazione della nostra fragile casa nell’universo.
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