Lo scontro fra tassisti e Uber, un’applicazione che si scarica sul proprio smartphone e permette in breve tempo di avere a disposizione una macchina a noleggio con conducente, è la punta dell’iceberg di un’autentica rivoluzione economica. Siamo solo agli inizi. La share economy, che è figlia dell’avvento di internet, spazzerà via molte posizioni di rendita, nonostante le proteste, gli scioperi e le sponde dei vari ministri di turno.
La app Uber è solo l’ultima evoluzione di un fenomeno che era già in corso, favorito dal progredire della tecnologia. La nuova mobilità, che va dal car sharing a Uber e Blablacar, sta mettendo a dura prova gli interessi economici dei tassisti. Ma ci sono tanti altri settori produttivi che potrebbero essere sconvolti nel nome di una nuova economia basata sulla condivisione. Pensiamo al settore dell’ospitalità e dell’accoglienza, dove fenomeni come Airbnb stanno costringendo gli albergatori tradizionali a rivedere le proprie offerte. E pensiamo a cosa potrebbe accadere se ogni cittadino montasse sul tetto della propria casa pannelli solari. Non vi piacerebbe l’idea di consumare l’energia che producete e disdire il contratto con l’attuale fornitore? Ecco, l’energia “fai da te” potrebbe essere il prossimo business peer-to-peer.
Rachel Botsman, autrice del libro “What’s Mine is Yours”, fervida sostenitrice del mercato consumer peer-to-peer, parla di un meraviglioso paradosso: “I social network e le tecnologie ci stanno portando indietro nel tempo: scambiamo, condividiamo, barattiamo come una volta, ma tutte queste azioni vengono ripensate secondo dinamiche moderne e in modi prima inimmaginabili”.
I vantaggi della share economy sono molti: si spende meno e ci sono i benefici ambientali che vanno a vantaggio di tutta la comunità.
La lotta dei tassisti e i tentativi maldestri del governo di difendere i diritti acquisiti sono retrogradi. Sarebbe più saggio cominciare a favorire il grande mutamento economico in atto, reso possibile dall’uso della tecnologia e dal desiderio di condividere alcune risorse anziché di possederle. Soprattutto sarebbe più efficiente e aiuterebbe a costruire delle comunità.
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