È “Il posto più pericoloso al mondo per essere un pilota”. Prima di imbarcarci veniamo pesati per permettere al personale di servizio di distribuire le masse ed equilibrare il piccolo velivolo. A noi stranieri non è permesso acquistare il biglietto in anticipo e questo rende la partenza un’ansiosa incognita: si arriva sulla pista, si cerca il responsabile del volo e solo se è rimasto un posto disponibile si paga il biglietto e, forse, si parte. I bagagli li carica lo stesso tizio che mi aveva aiutato a trasportarli al mio arrivo a Wamena (Papua Indonesia).
La sua divisa si limita alla presenza di un astuccio penico legato a vita con un cordino, usanza comune soprattutto tra gli anziani che s’incontrano nella regione. Le città principali dell’isola sono raggiunte dalla compagnia di bandiera indonesiana, mentre i piccoli centri, disseminati in tutto il Paese, sono serviti da due piccole agenzie aeree locali, divenute famose in quanto garantiscono i servizi anche in condizioni proibitive.
Nate negli anni Settanta per trasportare i primi missionari nelle aree più remote dell’isola, col tempo si sono trasformate in servizio pubblico, utilizzato soprattutto dai locali per portare nei villaggi cibo e attrezzature che si trovano solo nei grandi centri abitati. I passeggeri si accomodano sui seggiolini tenendo tra le braccia borse e scatole in cartone colme di prodotti di ogni genere.
La pista di decollo del nuovo aeroporto di Wamena, evidentemente sovradimensionata per il nostro aeroplanino, ci accompagna a lungo sotto di noi dopo esserci staccati da terra. Un paio di virate, qualche violento sobbalzo e si apre un paesaggio fatto di nuvole e banchi di nebbia, tra i quali si intravvede la lussureggiante vegetazione pluviale classica di queste latitudini.
Il pilota naviga a vista, zigzagando in cerca di un varco tra i cumuli carichi d’acqua. Io gli sono seduto accanto, come fossi il copilota. Di fronte a me ho una serie infinita di quadranti rotondi di ogni dimensione. Tutte le lancette vibrano vistosamente al ritmo dei motori; nessuna punta stabilmente una direzione, trasmettendo l’inquietante sensazione che l’intera apparecchiatura sia fuori servizio.
Il comandante si rivolge a me attraverso le cuffie chiedendomi di spostare i piedi dalle leve in quanto non riesce a virare. Certo non mi sarei offeso se avessi ricevuto la comunicazione prima del decollo, in modo da non limitare il velivolo nelle manovre, probabilmente a beneficio della sicurezza di tutti.
Forse è stato per via della sua timidezza dovuta alla giovane età, cosa che in questo momento non contribuisce a farmi sentire particolarmente in mani sicure. Ora, però, non ho più alternative, posso solo confidare nelle sue capacità, competenze e nella buona sorte, mentre intanto l’aereo sembra traballare sempre più. “The most dangerous place in the world to be a pilot”, così viene definita ancora oggi la West Papua dai giovani aspiranti piloti di linea che per poter registrare il dovuto numero di ore di volo e comandare un giorno un Boeing 737, mettono quotidianamente a repentaglio la loro vita sorvolando questi cieli.
I rischi sono tanti, dovuti principalmente alla variabilità climatica, alle condizioni delle piste d’atterraggio, spesso allagate e scavate tra ripidi pendii, rese quasi invisibili dalla fitta vegetazione. A complicare ulteriormente la situazione si aggiunge un contesto politicamente instabile del Paese, dovuto ai continui conflitti tra comunità locali e governo.
Non è, infatti, raro atterrare ed essere accolti da intere popolazioni armate di archi, frecce e lance, poco inclini ad accettare benevolmente l’arrivo di un aeroplano sulle loro terre.
Preferisco distrarmi, penso ai giorni di trekking che mi aspettano tra le paludi dei Korowai, (popolazione indigena conosciuta come “gli ultimi cannibali del pianeta”).
Poi rivolgo lo sguardo fuori dal finestrino. Sotto di me vedo la nebbia che sale dalla foresta, portando con sé il misticismo di queste terre che i primi missionari intitolarono:” l’inferno del Sud”. Qui la magia è una pratica comune, gli spiriti maligni si confondono con gli spiriti benigni, ingannando così gli esseri umani. Tutto ciò che non è razionalmente riconducibile a cause evidenti e tangibili viene attribuito alla magia e solo la magia lo potrà contrastare.
Dall’alto sembra tutto surreale, fuori dal tempo, come gli sguardi della gente che mi circonda. Solo la presenza del pilota e del suo piccolo aeroplano mi riportano alla realtà, almeno fino al momento dell’atterraggio, quando inizierò l’attraversata a piedi dell’“inferno del Sud”.
Il momento dello scatto
Fotografare dall’aereo è un’operazione che spesso richiede un po’ di improvvisazione. Sono moltissime le varianti: finestrini che non si aprono, riflessi della luce, vibrazioni del motore, sobbalzi dovuti alle condizioni meteo, distanza tra macchina fotografica e finestrino, ecc.
Quando mi trovo in tali situazioni, non manco mai di indossare una maglietta nera, rigorosamente senza scritte, in quanto riduce notevolmente la possibilità che appaiano riflessi indesiderati sul finestrino (quando non si può aprire). Anche il filtro polarizzatore aiuta a eliminare i riflessi, riducendo però la luminosità (quindi il tempo di scatto) e/o obbligando ad aumentare la sensibilità ISO a scapito della qualità d’immagine.
Osservando il panorama, vidi che più avanti le nuvole si sarebbero diradate lasciando intravvedere maggiormente la foresta. Mi preparai a scattare impostando un tempo sufficientemente rapido da poter scongiurare l’effetto mosso dovuto alle vibrazioni dell’aereo. Decisi di inserire nell’inquadratura l’ala dell’aereo, la traversa di sostegno sporca di carburante e quel pezzo di nastro adesivo nero in parte staccato, in modo da riproporre fedelmente le condizioni e la realtà di quell’istante. Il resto lo fecero le nuvole con i loro meravigliosi giochi di chiaro/scuro.
Dati tecnici
- Data: 08/01/2016
- Corpo macchina: Nikon D3s
- Obiettivo: Nikkor 17/55 f2,8
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 17 mm
- Apertura diaframma: F 10
- Tempo otturatore: 1/1.250 sec.
- Compensazione esposizione: 0
- Sensibilità sensore: ISO 640
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze:
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