Marguerite Yourcenar è ricordata come una donna un po’ pesante, che tuttavia amava camminare, esplorare. Per tutta la vita fu viaggiatrice appassionata e instancabile, nella geografia del mondo e delle idee e nella storia. Nei suoi Taccuini di appunti si rinvengono «mattinate a Villa Adriana; sere innumerevoli trascorse nei piccoli caffè attorno all’Olympieion; andirivieni incessante su i mari della Grecia; strade dell’Asia Minore».
Iniziò a viaggiare prestissimo. Rimasta orfana di madre alla nascita, viaggiò con il padre fin dagli anni dell’infanzia, vagabondando per l’Europa. Quando lui non poteva accompagnarla, ordinava a chi si prendeva cura della figlia di portarla a visitare i luoghi celebri delle città dove soggiornavano. Il padre curò invece sempre in prima persona la formazione culturale, ne guidò le letture, che rappresentarono il primo grande viaggio di Marguerite.
Trasferitasi negli Stati Uniti, la Yourcenar si dedicò all’insegnamento. Dopo aver abitato in vari luoghi, si stabilì nel Maine e ritrovò il suo spazio prediletto, quello della contemplazione itinerante. Viaggiò fino alla fine: «ogni viaggio è una contemplazione in movimento».
Morì nel dicembre del 1987 sull’isola dei Monti Deserti, costa atlantica degli Stati Uniti. Un luogo che già nel nome evoca viaggi, esodi, migrazioni e attraversamenti. Un luogo senza confini, come lo sono tutte le isole, dove terra, mare e cielo si confondono l’una con l’altro.
Come ha raccontato Lidia Storoni Mazzolani, alla quale dobbiamo la bellissima versione italiana delle Memorie di Adriano della Yourcenar, di cui la scrittrice e storica italiana divenne amica, nella chiesa di North East Harbor, il villaggio dove abitava, fu celebrato un servizio funebre. Conforme alla sua volontà, fu letto il Sermone della montagna, dal Vangelo di Matteo, la prima epistola ai Corinzi di san Paolo (XIII), il Cantico delle Creature di san Francesco, due frammenti di Chang-Tzu, quattro precetti buddisti e infine il poema di Ryo Nan, religiosa buddista del secolo scorso: «Per sessantasei anni i miei occhi hanno contemplato le scene mutevoli dell’autunno. Ho parlato a sufficienza del chiaro di luna. Non mi domandate più niente. Prestate ascolto alle voci dei pini e dei cedri quando il vento tace».
Sulla pietra dov’è inciso il nome di Marguerite, Lidia avrebbe voluto incidere la formula sepolcrale latina: S.T.T.L. = Sit Tibi Terra Levis. Ti sia lieve la terra.
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