Sono un podista modesto, ma amo la corsa con tutte le mie forze.
Anni fa, quando cominciai a correre, guardavo con sospetto chi, scarpette ai piedi, pantaloncini e canottiera, mi superava, sbuffava e sembrava divertirsi nel fare fatica. Poi è scoccata la scintilla e non mi sono più fermato. Le distanze si sono via via allungate, sono arrivate le maratone. La corsa è diventata una parte integrante della mia vita.
Oggi, quasi, guardo con sospetto chi non corre. No, detta così, mi fa assumere i toni dell’intollerante. Diciamo piuttosto che guardo dispiaciuto chi non sa o non vuole assaporare i piaceri della corsa. Così ho proposto al direttore di NATURABlog di aprire uno spazio dedicato all’arte di correre. Sì, lo so, la rete è già piena di suggerimenti tecnici e tabelle di allenamento. Qui, però, vorrei provare a diffondere l’amore per la corsa, intesa non solo come pratica sportiva, ma come stile di vita.
La specie umana ha inizio dai piedi. E le orme di G1 e G2 ne sono la prova. Due australopitechi alti meno di un metro e quaranta, oltre tre milioni e mezzo di anni fa, sfuggendo alle eruzioni di due vulcani a oriente di Ngorongoro, lasciarono dietro di sé una fila di impronte fossilizzate dalla cenere.
Piaccia o no, tutto è partito da lì. Da quei due ominidi che nella Rift Valley si sono alzati in piedi e hanno cominciato a correre. Segnando il destino dell’uomo, che è nato per deambulare inquieto.
Ciò che è accaduto allora, continua ad accadere e accadrà ancora a lungo. Dopo milioni di anni continuiamo a correre.
Oggi i runner vanno alla ricerca di una felicità che è fatta di leggerezza, di sottrazione. Perché la corsa scava, prosciuga e non concede sconti. La corsa è esigente, vuole impegno e dedizione, assorbe tutte le energie che con metodo e passione accumuliamo proprio per lei. Ma rilascia anche un’infinità di emozioni. Ed è per questo che, in barba alla fatica, avvertiamo l’irrinunciabile desiderio di tornare a correre appena è possibile. Soli davanti alla sfida, liberi da quel meraviglioso superfluo che ci ha regalato il benessere.
Correre è una potente metafora della vita: non c’è vittoria senza dolore.
In un’epoca dominata dalla sofisticazione, il semplice gesto di rullare le gambe su strade d’asfalto, sentieri sterrati o prati erbosi ci riporta indietro nel tempo. Ci restituisce la sensazione di essere animali in libertà e ci allontana dalle maschere dietro cui ci nascondiamo tutti i giorni. In altre parole, ci riavvicina ai nostri progenitori.
E scusate se è poco.
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