Bernd Heinrich è un entomologo, fisiologo ed etologo tedesco naturalizzato americano. Nato negli anni della Seconda guerra mondiale in Germania, dopo gli studi in USA e una lunga carriera come ricercatore soprattutto nel campo della fisiologia degli insetti, Heinrich si dedicò a una proficua carriera di divulgatore scientifico, scrivendo molti libri di discreto successo di cui fu anche illustratore.
Ben presto divenne una delle più interessanti figure nel mondo della biologia della seconda metà del XX secolo, grazie a studi all’avanguardia e a una personalità fuori dal comune. Studiò e approfondì i principi di regolazione della temperatura corporea degli insetti, fornendo informazioni importanti sulla fisiologia di molti di questi animali, tra cui i bombi e le falene. Si dedicò inoltre allo studio di come gli animali si rapportino con il loro ambiente naturale dal punto di vista fisiologico e comportamentale.
Poi arrivarono gli studi sui corvi imperiali, animali schivi ma anche profondamente intelligenti e dotati di una complessa socialità (a tal proposito, proprio in questi giorni è stata pubblicata una versione italiana di uno dei suoi bestseller, “La mente del corvo”). Per superare la naturale diffidenza di questi animali Heinrich, ben poco incline a rimanere chiuso tra quattro pareti di un laboratorio, trascorse mesi in solitudine nei boschi nordamericani a osservarli, talvolta arrampicandosi anche sulle cime di alberi altissimi per poterli osservare meglio. Nondimeno divenne padre adottivo di alcuni piccoli corvi, prodigandosi nel crescerli con cura e sfruttando tali occasioni per osservare i loro meccanismi di apprendimento.
Ma Bernd Heinrich non è soltanto un valido scienziato, è stato anche un fenomenale atleta. Prima maratoneta di alto livello, soprattutto nella categoria masters (da 40 anni in su) dove vinse numerose competizioni tra cui la celebre maratona di San Francisco, Heinrich si dedicò in seguito a corse più lunghe ed estreme. Mancata per poche decine di secondi la qualificazione alla maratona olimpica del 1980, lo scienziato cominciò a correre ultramaratone, prima di 100 chilometri e 50 miglia, segnando costanti record di categoria, per poi spingersi a distanze ancora più lunghe. Segnò i record americani assoluti per le distanze di 100, 200 chilometri e 200 miglia. Nel 1983, a 43 anni suonati, ottenne anche il record americano nelle 24 ore consecutive di corsa: 156 miglia, oltre 250 chilometri, corsi interamente nell’arco di una giornata.
Per parlare di questa grande passione, Heinrich scrisse “Why we run – a natural history”, in cui cercò di spiegare nel dettaglio perché gli esseri umani siano così bravi a correre lunghe distanze. Le ragioni sono evolutive: dal punto di vista fisico, l’uomo non è certamente un animale particolarmente forte o veloce, e quindi in passato deve aver sviluppato soluzioni diverse dalla pura velocità per cacciare le proprie prede. E, a quanto pare, nei lunghissimi inseguimenti, a volte di decine di chilometri, l’essere umano è in grado di avere la meglio anche su una gazzella o un’antilope. Milioni di anni di evoluzione ci hanno quindi portato a essere dei “maratoneti” nati. Heinrich, straordinario atleta e grande conoscitore del mondo naturale, ci ha raccontato questa storia affascinante, rivalutandoci almeno un po’ nello – spesso impari – confronto fisico con il resto del mondo animale.
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