La Russia ha in programma di costruire 11 nuove centrali nucleari entro il 2030, oltre alle 5 già in fase di realizzazione.
Di queste, 2 avranno reattori autofertilizzanti a neutroni veloci (FBR, Fast Breeder Reactor) raffreddati al sodio. La caratteristica principale di questa tecnologia è l’autosostentamento, perché i reattori autofertilizzanti producono plutonio in quantità maggiore a quella consumata.
Queste due centrali saranno costruite nell’area di Beloyarsk, negli Urali Meridionali. L’azienda statale russa Rosenergo-atom è pronta a coinvolgere anche specialisti stranieri nella progettazione di queste centrali, in particolare dall’India e dalla Cina. Alcuni prototipi di centrali con questo genere di reattore, come la francese Superphénix, sono stati realizzati fin dagli anni ’60 -’70, con esiti non positivi a causa di guasti e incidenti.
I rifiuti nucleari
Il piano energetico territoriale ha, inoltre, individuato 6 siti di stoccaggio delle scorie prodotte da queste centrali.
Quelli superficiali, per scorie di bassa e media radioattività saranno situati all’interno della Ural Electrochemical Integrated Plant a Mayak negli Urali, nella Siberian Chemical Combine di Seversk e a Sosnovy Bor nella regione di Leningrado. I sarcofagi in profondità per le scorie altamente radioattive saranno disposti a Nizhnekansky nella regione di Krasnoyarsk.
I rischi
Chi si oppone alla diffusione dei reattori autofertilizzanti a neutroni veloci sostiene che la sicurezza intrinseca di un reattore autofertilizzante a neutroni lenti verrebbe così vanificata e ci sarebbe la possibilità che la reazione a catena possa propagarsi incontrollata e, invece di una fusione accidentale del nocciolo – come a Chernobyl – dare atto a un’esplosione nucleare vera e propria.
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