L’incredibile diversità biologica del Pianeta è sempre più sottoposta a processi di deterioramento e impoverimento con effetti su scala globale e locale.
Numerosi studi hanno stabilito che la maggior parte delle estinzioni di specie autoctone avvenute negli ultimi decenni è imputabile alle attività antropiche, tra le quali lo sviluppo di infrastrutture di comunicazione, l’espansione di produzioni industriali e agricole intensive e, più in generale, allo sfruttamento delle risorse non rinnovabili.
È su questi fattori che agiscono le politiche e i programmi di conservazione. Ma qual è realmente il loro impatto sulla tutela della biodiversità?
I programmi di conservazione
Un nuovo studio internazionale, a cui ha preso parte la Sapienza, ha valutato l’impatto dei programmi di conservazione dal 1993 a oggi.
I risultati del lavoro, pubblicati su Conservation Letters, hanno mostrato che sono state salvate almeno 28 specie di uccelli e mammiferi, fra queste il pony della Mongolia (cavallo di Przewalski, Equus ferus), la lince pardina (lince iberica, Lynx pardinus), l’amazzone di Portorico (Amazona vittata) e il cavaliere nero (Himantopus novaezelandia).
Lo studio internazionale è stato coordinato dall’Università di Newcastle (UK) con la partecipazione di un team di 137 esperti da tutto il mondo, tra i quali Carlo Rondinini del Dipartimento di Biologia e biotecnologie Charles Darwin della Sapienza, ha identificato i programmi di protezione che più si sono dimostrati capaci di prevenire le estinzioni fra le specie di uccelli e animali a maggiore rischio secondo la Red List della International Union for Conservation of Nature (IUCN).
Carlo Rondinini ha coordinato l’analisi dei dati relativi ai mammiferi: «Senza programmi di conservazione, a oggi il tasso di estinzione delle specie analizzate sarebbe stato dalle 3 alle 4 volte superiore a quello osservato. Grazie a tali azioni, invece, tra le numerose specie di mammiferi a rischio, 14 di queste hanno beneficiato di interventi di carattere legislativo, come restrizioni sul commercio, e 9 sono state soggette a interventi di reintroduzione e conservazione ex-situ in giardini zoologici».
Per quanto riguarda gli uccelli, lo studio ha evidenziato che 21 specie hanno beneficiato del controllo delle specie invasive, 20 della conservazione ex-situ e 19 della circoscrizione di aree protette.
Purtroppo per alcune delle specie incluse nello studio, come la focena (o vaquita) del Golfo di California, sebbene le azioni di conservazione abbiano determinato un rallentamento del declino, potrebbe essere impossibile prevenire l’estinzione in natura.
«La crisi della biodiversità è di ampiezza tale che non possiamo permetterci altri fallimenti. Comprendere quali azioni di conservazione abbiano più speranza di successo nei diversi scenari è fondamentale per pianificare il futuro della biodiversità e del Pianeta» conclude Carlo Rondinini.
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