L’ Albanella Minore, appartenente alla famiglia degli accipitridi, è un rapace di rara bellezza, elegante, incantevole volatore con oltre 1 metro di apertura alare per 200 grammi di peso, migra dalle steppe dell’Africa sub sahariana arrivando in Europa occidentale e alle latitudini italiane in primavera, dalla fine del mese di aprile, per dar luogo all’accoppiamento e alla nidificazione.
L’ albanella nidifica a terra, nel bel mezzo di distese di erba alta, come steppe, incolti o brughiere. In Italia, a causa della progressiva scomparsa del suo habitat naturale, la specie si è adattata alla nidificazione nei campi coltivati a cereali e foraggio, esponendo la covata a numerosi pericoli, tanto che il più delle volte il raro involo dei pulli si può definire un vero e proprio miracolo: dall’azione distruttiva dei cinghiali alla predazione da parte delle volpi e degli altri mammiferi, da quella dei serpenti all’attacco dei corvidi, fino alla minaccia che non lascia scampo, la distruzione dei nidi da parte dai mezzi meccanici della mietitura dei campi.
Tutti questi fattori hanno portato a una grave diminuzione della popolazione di albanelle nidificanti nel Lazio nel corso negli ultimi 20 anni. I campi coltivati a cereali sono, nella tarda primavera, distese verdeggianti di erba alta e appaiono sicuri nascondigli per nidificare e ricchi territori di caccia agli occhi delle albanelle: orzo, grano, segale, farro, trifoglio, erba medica… Le uova vengono deposte direttamente sul terreno su un piccolo giaciglio di erbe o spighe, la cova richiede 28-29 giorni in cui risultano esposte agli attacchi di numerosi predatori e ai fenomeni atmosferici. Quando miracolosamente le uova si schiudono, in giugno e talvolta i primi giorni di luglio, se si tratta di una seconda covata di sostituzione, i cereali sono ormai pronti per essere falciati e gli agricoltori iniziano a far ruotare le lame delle macchine agricole che tagliano, tritano, schiacciano, distruggono tutto ciò che è a terra.
Le piccole albanelle, indifesi batuffoli bianchi, vengono alla luce tra le spighe di grano maturo, introvabili, minuscoli trionfi di vita, nel bel mezzo di chilometri di steli, protetti solamente dagli stessi innumerevoli arbusti che di li a poco passeranno sotto le lame delle mietitrebbie.
È proprio la nidificazione a terra nei coltivi a rendere la specie così vulnerabile: per la crescita dei pullini e il loro involo, oltre ai giorni di cova servono altri 30 giorni, troppi per falciare il grano che è già maturo da un pezzo, solo il verificarsi contemporaneamente di alcuni fattori favorevoli quali una deposizione precoce da parte dei genitori e una stagione fresca che porta alla maturazione tardiva delle spighe può permettere l’involo dei piccoli senza che essi vengano uccisi, cioè prima dell’inizio della mietitura.
A difesa dell’ albanella
Da ben quattordici anni un gruppo di motivati volontari, il GSCA (Gruppo di Studio e Conservazione dell’ Albanella Minore) si dà da fare per contribuire alla conservazione della specie, particolarmente protetta secondo la legge 157/92 per la protezione della fauna selvatica, oltre che dalle convenzioni di Bonn e di Berna e dalla direttiva uccelli 79/49/CEE per la conservazione dell’habitat. Da aprile ad agosto di ogni anno, all’arrivo dei rapaci dalla migrazione nel nostro paese si susseguono lunghe osservazioni ed estenuanti appostamenti per individuare il maggior numero di nidi possibile, si prendono accordi con i proprietari dei campi per ritardatare la mietitura in modo che i pulli possano crescere ed involarsi prima dello sfalcio della coltivazione e, quando ciò non è possibile, seguono le operazioni di recinzione e protezione dei nidi e successivamente il monitoraggio degli sviluppi delle covate durante la mietitura fino all’involo dei piccoli. La recinzione del nido in un campo ancora alto è quasi invisibile, diventa evidente invece in un campo mietuto e il nido, anche recintato, diviene particolarmente appetibile e facilmente raggiungibile per i predatori che non trovano alcun impedimento al loro procedere ad eccezione della rete elettrificata. La conservazione integrale del sito di nidificazione è sempre la soluzione migliore da perseguire, ma non sempre è possibile.
Dal 2003 al 2015 il gruppo di volontari ha portato a termine l’osservazione di 133 nidificazioni e l’involo di 85 esemplari giovani di cui 75, ben il 90% sarebbe andato perduto per via di molteplici fattori tra cui lo sfalcio dei coltivi da parte delle macchine agricole e la predazione da parte dei mammiferi. Nel 2016 l’operazione ha portato nel suo complesso all’involo di 12 pulli facendo registrare un discreto successo riproduttivo che si allinea con il trend positivo degli ultimi anni e che andrà confrontato con i risultati della stagione 2017 appena volta al termine. L’applicazione di tecniche di conservazione efficaci e il costante perfezionamento delle stesse con tecnologie avanzate, finalizzato all’individuazione di un numero sempre maggiore di nidi e ad un monitoraggio costante e capillare degli stessi contribuisce ad aumentare il successo riproduttivo della specie negli attuali aree di nidificazione sedi di pratiche agricole. Per l’operazione di salvaguardia bisogna ringraziare il Gruppo di Studio e Conservazione dell’ Albanella Minore della delegazione Lipu di Viterbo, le delegazioni Lipu di Ostia e di Civitavecchia, gli agricoltori, i finanziatori e i Guardiaparco della Riserva Naturale Selva del Lamone.
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