Quanti abiti avete nell’armadio? Probabilmente molti più del necessario. Ma tranquilli, siete in buona compagnia. Un sondaggio condotto da Greenpeace ha mostrato come un italiano su due dichiari di possedere più indumenti di quelli che realmente servono e il 46% degli intervistati ha detto di avere nel guardaroba vestiti mai indossati o con ancora l’etichetta attaccata.
I perché dello shopping compulsivo
Sono le donne residenti al Nord-Ovest e al Sud Italia, di età compresa tra i 30 e i 39 anni e con reddito personale superiore ai duemila euro il segmento della popolazione più incline allo shopping eccessivo.
A fomentare gli acquisti inutili c’è anche l’influenza dei social network e gli store online. Nove intervistati su dieci, infatti, hanno dichiarato di acquistare parecchi capi su internet.
Ma perché compriamo vestiti che sappiamo già non indosseremo mai? Secondo la ricerca, per più di metà degli italiani l’acquisto eccessivo di capi di abbigliamento aiuta a combattere la noia e lo stress o, addirittura, ad aumentare l’autostima. Tuttavia, gli intervistati hanno dichiarato che la soddisfazione data dagli acquisti impulsivi svanisce presto e, in media, dura solo due giorni.
«Le donne giovani con un lavoro ben remunerato sono quelle che subiscono maggiormente lo stress di una società altamente competitiva – ha detto a riguardo Donata Francescato, docente di Psicologia di Comunità all’Università “La Sapienza” di Roma –. Possedere qualcosa è un modo per reinventare se stessi, per compensare la distanza tra l’autopercezione e come invece si desidererebbe essere. Questa discrepanza è presente anche in altre forme di disturbi psicologici quali, ad esempio, il gioco d’azzardo, l’abuso di alcol, i disordini alimentari e sessuali. Si tratta di disturbi sempre più diffusi nelle nostre società liquide e ansiogene».
Danni per l’ambiente
La fast fashion, come è chiamata la moda a poco prezzo e continuamente rinnovata, ha pesanti ripercussioni anche sull’ambiente.
L’industria tessile, infatti, è tra i settori produttivi più inquinanti al mondo e – anche a causa del massiccio impiego di fibre sintetiche derivanti dal petrolio e sostanze chimiche pericolose – il riciclo dei capi di abbigliamento è estremamente difficile. A questo si aggiunge il continuo acquisto e ricambio di capi d’abbigliamento dettato dai ritmi della moda che, di fatto, rende il periodo di vita dei vestiti estremante limitato.
«Se queste abitudini non dovessero cambiare, nei prossimi anni il nostro pianeta sarà invaso da montagne di rifiuti tessili – ha concluso Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia –. È necessario invertire la rotta: prima di effettuare il nostro prossimo acquisto abbiamo il dovere di chiederci se ne abbiamo realmente bisogno».
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