Questa volta a finire nel mirino dei cacciatori di idrocarburi è il Mar Ionio.
A farne le spese potrebbe essere il braccio di mare al largo di Santa Maria di Leuca, che secondo la Convenzione sulla Biodiversità (Convention on Biological Diversity – CBD) è classificata come area “EBSA” (Ecologically or Biologically Significant Marine Areas), vale a dire particolarmente preziosa per l’ecosistema marino nel suo complesso.
Alla ricerca del giacimento
Proprio in questa zona potrebbero presto iniziare le ricerche per un nuovo giacimento di combustibili fossili.
Secondo le accuse mosse da Greenpeace nel suo nuovo report, le ricerche attuate dalla società Edison (col permesso di ricerca di Idrocarburi liquidi e gassosi “d 84F.R-EL”) verrebbero svolte ancora una volta con la tecnica dell’airgun, un dispositivo che, generando artificialmente onde d’urto e analizzandone la riflessione sui fondali marini, permette di identificare i depositi di idrocarburi offshore.
Un jet in fondo al mare
Di solito per la ricerca di un giacimento marino sui fondali sono impiegati decine di airgun disposti su una doppia fila a una profondità di 5-10 metri.
Questi dispositivi producono violente detonazioni ogni 10-15 secondi per settimane in maniera continuativa.
Il rumore che viene generato è almeno doppio rispetto a quello del decollo di un jet e questo causa pesanti effetti sugli abitanti dell’ecosistema marino che muoiono o restano frastornati dalle incessanti detonazioni.
«La richiesta di permesso presentata da Edison per sondare i fondali di questo tratto di mare è lacunosa e omissiva nella valutazione dei possibili impatti dell’airgun sull’ambiente – ha spiegato Greenpeace in una nota –. Per questo non staremo a guardare, ma presenteremo le nostre osservazioni nel merito al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per chiedere il respingimento di questo ennesimo tentativo di oltraggio ai nostri mari».
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