Della discussa pratica dell’airgun avrete già sentito parlare, ce ne siamo occupati più volte anche noi. In ogni caso ricordiamo in cosa consiste: è una tecnica di ispezione dei fondali marini per capire cosa contiene il sottosuolo, utilizzata dalle aziende che sono alla caccia di giacimenti petroliferi. Ogni cinque o dieci minuti vengono prodotti spari fortissimi di aria compressa che mandano onde riflesse, da queste vengono poi estrapolati i dati sulla composizione del sottosuolo.
Da tempo la comunità scientifica internazionale ha indagato su questo metodo di ricerca, giungendo alla conclusione che ha effetti negativi sulla fauna marina, in particolare sui cetacei. Gli impatti posso essere di vario genere: fisiologico, comportamentale, percettivo, cronico e indiretto. La pratica può causare lesioni e soprattutto la perdita dell’udito o dell’orientamento.
Di recente ci sono stati numerosi casi di spiaggiamento e studi hanno accertato la connessione con il ricorso all’airgun. Molti di voi ricorderanno la morte dei tre capodogli, tutte femmine, di cui una incinta, avvenuta a Vasto (Chieti) il 12 settembre 2014; altri quattro esemplari furono salvati durante lo stesso episodio. Si trattò del secondo più grande spiaggiamento di tutto il Mediterraneo e, come spiegò nei giorni seguenti Legambiente, fu causato dalla ricerca petrolifera in mare.
Ora la Goletta Verde dell’associazione ambientalista è tornata alla spiaggia di Punta Penna a Vasto, per chiedere al premier Renzi, al governo e a tutti gli schieramenti politici di vietare l’impiego dell’airgun nelle prospezioni petrolifere in mare. Un impegno già più volte annunciato dalla maggior parte dei gruppi parlamentari, ma rimasto ad oggi ancora disatteso.
Su change.org è possibile firmare la petizione #StopOilAirgun, oltre 65 mila persone hanno già sottoscritto l’appello.
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