Negli ultimi anni si è molto parlato di Outdoor Education, l’educazione nella natura, il principio educativo basato sul contatto diretto con la natura allo scopo di ampliare gli orizzonti di apprendimento. Ne abbiamo parlato con Simone Masdea, agronomo ed educatore ambientale che da più di dieci anni conduce esperienze per minori in contesti naturali e immersivi.
Intervista di Sofia Bolognini
Non solo scienza della natura, ma anche apprendimento sensoriale ed educazione emotiva
«Fino a qualche anno fa lavorare come educatore ambientale nei parchi regionali della Lombardia significava avere una qualifica specializzata e saper analizzare l’ambiente circostante con un approccio fortemente scientifico – racconta Simone – , negli ultimi cinque anni a queste competenze se ne sono aggiunte altre. L’educatore ambientale oggi non è più soltanto qualcuno che conosce i sistemi naturali, ma è anche in grado di accendere la curiosità dei bambini e dei ragazzi, di stimolare l’incontro con la natura attraverso i sensi e le emozioni».
Le attività e le proposte didattiche all’aperto sono cambiate
Non più soltanto l’osservazione degli insetti e il riconoscimento delle piante, ma anche esperienze di gruppo che recuperano competenze antiche, come l’accendere il fuoco o fare team building o esprimere le proprie esigenze espressive in modo creativo sfruttando gli elementi naturali a disposizione.
Un approccio educativo da integrare a quello tradizionale
«Entrambi sono necessari – spiega Simone – semmai, quello che negli ultimi anni sta accadendo è un’inversione metodologica. Una volta lo schema di apprendimento comune consisteva nello studiare prima gli aspetti teorici di ciò che si voleva analizzare e poi nello sperimentare, nella pratica (fuori dalle aule), quello che si era imparato. Oggi sempre più istituti approvano e sostengono un modello di apprendimento invertito. Specialmente per la prima infanzia, si parte dall’esperienza diretta in natura e dall’esplorazione outdoor per poi individuare i principi teorici che si studieranno in classe.
L’esplorazione in natura è caotica – spiega Simone – come educatore non posso pensare di portare una classe in un bosco e spiegare esclusivamente come si osservano le foglie o come funziona la fotosintesi. In mezzo accadono milioni di altre cose che catturano la nostra attenzione: l’insetto per terra, il picchio dall’altro lato del bosco, le salamandre che vivono nelle fonti… dopo un pomeriggio passato a esplorare, è fondamentale tornare in classe per organizzare i contenuti appresi, altrimenti rimane solo un’esperienza».
Educare al contatto con la natura
«Alcuni ragazzi in natura dànno il loro meglio, ma questo non vale sempre per tutti – continua Simone – dipende dall’imprinting genitoriale, dal contesto in cui sono cresciuti. Alcuni di loro non hanno mai avuto occasioni di incontro con la natura, per esempio, non hanno mai visto un riccio da vicino, non hanno la minima idea di cosa sia una castagna».
Le esperienze che Liberi Sogni propone sono spesso immersive e condensate in più giorni, una modalità che offre a bambini e ragazzi l’occasione di sperimentarsi in natura per un tempo lungo, dormendo all’aperto e partecipando attivamente a tutte le attività che compongono la routine quotidiana: fare legna, accendere il fuoco, cucinare e mangiare insieme.
Esperienze come queste aiutano i ragazzi a sentirsi più autonomi, ad avere maggiore fiducia in sé stessi. Una conseguenza dello stare a contatto con la natura, perché «la relazione con la natura muove dentro ciascuno qualcosa di ancestrale; essere a contatto con la Terra con la T maiuscola fa parte della natura stessa di noi esseri umani».
Una visione multidisciplinare e multi livello dell’educazione per affrontare il presente
L’esplosione della pandemia sta radicalmente trasformando le modalità di insegnamento e trasmissione del sapere: la Didattica a Distanza è una grande sfida educativa su cui pedagoghi, docenti e ricercatori stanno convogliando strumenti e competenze; ma anche il fenomeno dell’homeschooling sta aprendo a strategie innovative di apprendimento che mettono insieme le competenze con i territori, le famiglie e le geografie locali.
Esperienze come quelle che stanno portando avanti le diverse realtà che lavorano nel sociale, le cooperative o le associazioni, anticipano la rivoluzione che è già in atto a livello nazionale e mondiale. I modelli educativi di riferimento diventeranno sempre più multidisciplinari e multi livello, tenendo insieme l’Outdoor Education con la DaD, l’homeschooling con la didattica in presenza, l’educazione ambientale con i media e gli strumenti tecnologici, l’innovazione digitale con il saper-fare dei territori e delle comunità.
«La digitalizzazione sta sviluppando forme inedite di apprendimento in natura che forniscono strumenti utili anche a chi non ha la possibilità fisica e immediata di andare a camminare in un bosco – aggiunge Simone – ed è quindi altamente probabile che il futuro che ci aspetta sia un mix di questi due aspetti. Da un lato, il rinnovato bisogno di stare nel verde e sentirsi parte di un ecosistema; dall’altro, frequentare la natura e imparare a conoscerla sfruttando gli strumenti tecnologici che fino a qualche anno fa erano fuori dalla portata della nostra immaginazione».
Se le istituzioni saranno in grado di tenere insieme questa complessità di strumenti, di approcci e metodologie, è molto probabile che l’universo educativo assumerà forme sorprendenti e rivoluzionarie in grado di fornire risposte concrete ai bisogni educativi in completa evoluzione, partendo da presupposti nuovi che sono quelli ecologici, ambientali, del rispetto della natura che è in noi e fuori di noi.