Ci pensano in pochi quando stanno per sorseggiare un caffè, magari sul posto di lavoro, a scuola, in una sala d’aspetto. Ma il caffè in capsule è uno dei problemi più spinosi in campo ambientale.
Le capsule al caffè, infatti, vengono smaltite con grande difficoltà al punto di poter creare grossi problemi agli ecosistemi. Ecco perché desta soddisfazione e stupore la notizia che arriva da Amburgo, città tedesca che per la prima volta ha deciso di vietare ufficialmente il caffè in cialde.
La decisione rientra in un ampio programma di salvaguardia ambientale, tenuto conto del fatto che le capsule monouso sono utilizzate su larga scala e sono sempre più diffuse: le vendite sono triplicate negli ultimi anni, in Europa e in Usa. Solo nel 2014 una nota azienda americana ha prodotto 9,8 miliardi di confezioni di caffè, e solo il 5% erano riciclabili. La ragione sociale ha comunicato che per il 2020 si procederà solo con versioni completamente riciclabili; ma intanto il problema sussiste e Amburgo è corsa prima di tutti ai ripari.
Con le cialde – almeno per quel che riguarda gli ambiti comunali – sono messe al bando anche le bottiglie di plastica, i piatti e le posate usa e getta. E le pulizie degli edifici pubblici saranno possibili solo impiegando detergenti privi di cloro.
Le capsule, in particolare, posseggono alte percentuali di plastica e alluminio, ma non esistono impianti di riciclaggio capaci di distruggerle. Si può quindi immaginare il grande impatto a livello ambientale.
L’opinione pubblica è in parte convinta del problema, ma tutti ne fanno un uso smodato. Un sondaggio dice che un inglese su due le ritiene dannose, ma il 22% di chi solleva la questione, di fatto, non ne può fare a meno. «Sono il caso emblematico della nostra società», rivelano John Rice e Nigel Martin, due ricercatori australiani, «molti, purtroppo, in campo ambientale predicano bene, ma razzolano male».
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