A causa della diffusione a livello mondiale di Covid-19, molti Parchi nazionali in Africa hanno preso la decisione di chiudere, questo per salvaguardare una specie già estremamente a rischio di estinzione: i gorilla.
Il turismo regolamentato è una strategia chiave per la conservazione dei gorilla. I gorilla di montagna visitati da ricercatori e turisti hanno, infatti, costantemente mostrato tassi di crescita della popolazione più elevati rispetto quelli non visitati dai turisti, il che è probabilmente dovuto al monitoraggio quotidiano dei gruppi e alla raccolta di fondi destinata alla conservazione attiva. Il monitoraggio continuo porta a una migliore protezione e facilita gli interventi veterinari per la rimozione delle trappole e la cura delle malattie respiratorie.
Tuttavia, la trasmissione di malattie umane è una delle principali preoccupazioni, così come l’eccessivo disturbo ai gorilla e al loro habitat che potrebbe mettere a repentaglio i programmi di conservazione.
Esempi di trasmissione probabile o comprovata di malattie da esseri umani a gorilla includono virus respiratori, virus dell’herpes simplex umano e scabbia.
Alcuni di questi casi sono stati fatali e la maggior parte ha coinvolto gorilla o scimpanzé abituati all’essere umano.
Esseri umani e grandi scimmie, ovvero scimpanzé (Pan troglodytes), gorilla (Gorilla gorilla), orango (Pongo pygmaeus), bonobo (Pan paniscus) e gibbone (generi Hylobates e Nomascus) condividono caratteristiche importanti, come l’organizzazione sociale e la comunicazione, ma soprattutto hanno in comune con noi oltre il 95% del Dna.
«Non è ancora noto se le grandi scimmie siano sensibili al virus Sars CoV-2 – si legge in una nota diffusa dalla IUCN –. Ci sono tuttavia abbondanti prove scientifiche che dimostrano che sono suscettibili all’infezione da agenti patogeni delle vie respiratorie. È quindi più sicuro presumere che le grandi scimmie siano sensibili all’infezione provocata da Sars CoV-2».
«Per fortuna non abbiamo notizie di scimpanzé, gorilla o bonobo infettati dal coronavirus finora, ma la possibilità non può essere ignorata perché le conseguenze di una nuova malattia contagiosa potrebbero essere disastrose, specialmente per le popolazioni limitate a piccole aree», ha affermato Fabian Leendertz, specialista di malattie infettive dei primati del Robert Koch institute di Berlino.
I gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) sarebbero particolarmente inclini a contrarre alcune malattie respiratorie che affliggono l’uomo. Un comune raffreddore è sufficiente a uccidere uno di questi magnifici primati, motivo per cui ai turisti non è abitualmente consentito avvicinarsi troppo. Per questo nella Repubblica Democratica del Congo, durante la scorsa primavera, il famoso parco nazionale Virunga ha vietato l’accesso a turisti, ambientalisti e studiosi fino al primo giugno.
Anche il Ruanda ha annunciato la chiusura delle attività turistiche e di ricerca in tre dei suoi parchi nazionali che ospitano gorilla e scimpanzé: il Parco nazionale di Nyungwe, il parco nazionale dei Vulcani e il parco nazionale di Gishwati Mukura. In questo Paese dell’Africa orientale il turismo rappresenta una risorsa indispensabile e i gorilla di montagna sono una delle principali attrazioni. Il governo ha deciso di non rischiare e ha dato la priorità alla protezione degli animali vietando l’accesso alle aree protette.
La pericolosità del contagio non è da sottovalutare
C’è tuttavia il rovescio della medaglia: rinunciando agli introiti generati dal turismo, che rappresenta una fonte significativa di guadagno, molti progetti di conservazione rischiano di rimanere senza fondi. Le economie locali basate sul turismo dovranno fronteggiare gravi perdite economiche e alcuni temono che tali perdite possano esporre ulteriormente i primati ai bracconieri.
Nonostante questo, però, è importante sottolineare l’importanza del rispetto del limite tra umani e animali selvatici.
In base agli studi effettuati negli ultimi anni, infatti, la pericolosità del contagio non è da sottovalutare, anche perché nel 98% dei casi non viene rispettata la distanza di sicurezza uomo-animale di 7 metri (consigliata a 10 metri).
Nel 60% dei casi questo avviene, purtroppo, per una decisione (sbagliata) del turista! Ancora una volta è importante ricordare quanto la non interazione con gli animali selvatici sia fondamentale per rispettare il loro benessere, la loro sicurezza e la loro salute. Avvicinarsi troppo, per una foto, l’emozione del momento o per bravado, è una forma di egoismo che in molti casi può essere letale per gli animali selvatici.
I gorilla, come moltissime altre specie africane, sono a rischio di estinzione e noi turisti in molti casi siamo una delle uniche salvezze loro rimaste: proprio per questo dobbiamo essere turisti sostenibili ed etici e dobbiamo essere consapevoli dei rischi a cui sottoponiamo questi animali anche solo con la nostra presenza. Il rispetto della Natura e degli animali, anche in questi casi è fondamentale per la salvaguardia del nostro pianeta.