Fiumi e mari sono fortemente interconnessi se non altro perché sono due componenti del ciclo dell’acqua. Nella nostra mania, o forse necessità, di dare un ordine a tutte le cose, li consideriamo in maniera distinta e li studiamo con tecniche specifiche ed esperti specializzati. Per alcuni animali, tuttavia, essi fanno parte di un continuum fondamentale per la loro esistenza come dimostrano i cicli vitali di pesci ben conosciuti come salmoni e anguille.
Accanto ad essi vi sono altre specie sconosciute ai più, ma che hanno una biologia decisamente affascinante. Sto parlando della lampreda di mare (Petromyzon marinus) raffigurata in questa foto di David Salvatori e che a prima vista potrebbe richiamare una strana anguilla. Anguilla però non è, trattandosi di un pesce i cui antenati furono tra i primi vertebrati comparsi sulla Terra e la cui antichità è dimostrata dalla mancanza di mascelle. Una caratteristica della superclasse degli Agnati, parola di origine greca che significa per l’appunto “senza mascelle”.
Una prima riflessione superficiale su questa particolarità ci porterebbe a supporre che si tratti di un pesce innocuo. Infatti, chi potrebbe mai temere un animale senza mascelle e che quindi non potrebbe mai mordere? Ovviamente la realtà è ben diversa, perché se poteste guardare dentro la bocca a forma di disco di questa lampreda potreste vedere numerosi denti cornei acuminati e una lingua dentata il cui insieme costituisce una temibile arma.
La bocca della lampreda, quando è in funzione, si trasforma in un’efficiente ventosa con cui aderisce alle sue prede, costituite da pesci e cetacei, permettendo alla lingua e ai denti di entrare in azione creando un buco nella loro pelle. L’efficacia di questo attacco è accresciuta dalla presenza nella saliva della lampreda di sostanze anestetizzanti e da altre che inibiscono la coagulazione del sangue e distruggono i tessuti.
Tecnicamente la lampreda è un parassita, paragonata spesso a un vampiro, che si nutre di tessuti predigeriti e sangue con conseguenze spesso letali per i suoi ospiti meno robusti e di dimensioni ridotte.
Il riferimento iniziale ai salmoni non è stato casuale perché come loro anche gli adulti delle lamprede, lunghi fino a un metro, sono anadromi. Ciò significa che dopo alcuni anni (4-7), trascorsi soprattutto in mare aperto dove possono spingersi, si dice, fino a 4000 metri di profondità, si avvicinano alle coste e risalgono i corsi d’acqua per raggiungere i siti di riproduzione a fondale ghiaioso adatti alla deposizione delle uova.
Durante questo viaggio il loro apparato digerente si atrofizza e la bocca diventa uno strumento per aderire al fondo e vincere le correnti più ostili. Dalle uova deposte nascono particolari larve dette ammoceti che hanno la bocca a ferro di cavallo, priva di denti, e vivono infossate nel letto dei fiumi filtrando microrganismi animali e vegetali. La disponibilità di cibo, come si è scoperto, è un fattore chiave per la differenziazione sessuale: se il cibo è abbondante le larve diventano femmine e se, invece, le risorse alimentari sono scarse si formano i maschi.
Una volta adulti migrano in mare sfruttando cellule specializzate sulla superficie delle branchie, capaci di regolare la crescente salinità delle acque. Le lamprede possono in questo modo adattarsi progressivamente alla vita marina in attesa di tornare nei fiumi a riprodursi, almeno quelle che ci riusciranno perché ormai di questi pesci se ne vedono pochi e per la IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) la lamprede di mare è una specie in pericolo critico.
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