Le api sarebbero assuefatte ai pesticidi neonicotinoidi nella stessa misura in cui i fumatori sono assuefatti della nicotina.
E’ questo quanto emerge da uno studio effettuato dai ricercatori dell’università inglese di Newcastle, pubblicato sulla rivista Nature, che spiega come questi insetti sarebbero maggiormente attratti dal cibo contaminato. Ma è un peccato di gola che costa caro: i pesticidi neonicotinoidi sono altamente tossici per le api e nel 2013 l’Unione Europea aveva imposto uno stop di due anni nell’utilizzo.
Il numero di api, sia in Europa, che in Nord America, è in diminuzione e il calo è da imputare anche all’uso massiccio di erbicidi.
Nel corso delle ricerche effettuate dai neuroscenziati dell’Università di Newcastle è stato osservato che il pesticida presente nelle soluzioni zuccherine agiva come una droga sul sistema nervoso degli insetti. “Le api sono a rischio avvelenamento perché non riescono a distinguere il sapore dei pesticidi neonicotinoidi e quindi non hanno modo di evitarlo – ha spiegato Geraldine Wright, membro dell’équipe di ricercatori -. Abbiamo avuto la prova che le api sono maggiormente attratte da questo componente chimico, che sul loro sistema nervoso provoca lo stesso effetto che ha la nicotina sugli esseri umani”.
Il prossimo step, hanno aggiunto i ricercatori, sarà cercare di capire come gli insetti siano diventati dipendenti da questa sostanza.
Dibattito sempre acceso
Le nuove scoperte hanno riportato sotto i riflettori l’annosa questione dell’utilizzo di pesticidi e del loro impatto ambientale. “Dopo i risultati emersi da questa ricerca, è necessaria una regolamentazione più severa sull’utilizzo di pesticidi neonicotinoidi – ha dichiarato Simon Potts, docente dell’Università di Reading -. L’uso smodato di questi componenti è altamente dannoso per gli insetti impollinatori”. Pare però che, almeno per il momento, l’Europa non possa fare a meno degli erbicidi. “L’agricoltura europea – conclude Potts – non ha altre opzioni: il passaggio a metodi completamente naturali porterebbe ad un incremento dei prezzi e ad una resa minore delle colture”.
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