La Basilica di San Pietro è popolata di leoni, cani, pipistrelli, api e colombe. Un ricco bestiario scolpito e dipinto legato ai miti del primo Cristianesimo e alle Sacre scritture. Un bestiario così ricco da aver riempito anche un libro, “Lo zoo sacro Vaticano”, edito dal Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Più difficile, invece, trovare animali in carne ed ossa, in particolare cani e gatti, all’interno degli immobili del Vaticano. Infatti, il regolamento condominiale, valido per tutti gli stabili di civile abitazione di proprietà e gestiti dalla Santa Sede in diverse zone della città – non solo all’interno dello Stato Vaticano – vieta agli inquilini che abitano in questi immobili di tenere con sé animali domestici e da compagnia.
L’Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA), attraverso la sua Presidente nazionale, Carla Rocchi, ha scritto ha Papa Francesco per portare all’attenzione di Sua Santità questo problema che porta alla separazione obbligata da affetti cari, soprattutto in questo triste momento di pandemia: «La Sua sensibilità, il nome che ha scelto per sé – sibi nomen imposuit Franciscus – al momento di ascendere alla Cattedra di Pietro a sottolineare la continuità con il Poverello di Assisi nella attenzione a tutte le creature del Signore ci rassicurano sul fatto che vorrà porre fine a questo anacronismo del passato che siamo certi non rifletta il Suo sentire e la profondità della Sua anima».
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