In un periodo storico in cui anche il settore della pesca è in grande sofferenza, segnaliamo una bella esperienza di sostenibilità – sia economica che ambientale – che tra l’altro nasce dall’intraprendenza di un gruppo di donne di varie nazionalità.
Si tratta della cooperativa Bio&Mare , un’azienda davvero speciale nata nel 2010 per completare e accompagnare la già esistente cooperativa di pescatori Maestrale di Marina di Carrara, dove già alcune di loro lavoravano.
Spiega la loro presidente Radoslava (Rady) Petrova, bulgara in Italia da tanti anni: “La nostra cooperativa Bio&Mare è costituita solo da donne. Abbiamo raggiunto un obiettivo non da poco, vale a dire organizzare tutta la filiera, dalla pesca in mare fino alla trasformazione, compresa la vendita al dettaglio. Pur nella crisi della pesca, riusciamo a fare reddito con alcuni accorgimenti. Ad esempio, il pesce invenduto lo trasformiamo immediatamente, preparando prodotti confezionati come sugarelli, polpi e gamberoni sia sott’olio che sottaceto, sughi di pesce e, su prenotazione gastronomia di mare, in cui il pesce viene abbinato rigorosamente a prodotti di provenienza biologica e certificata. I nostri prodotti sono certificati da ICEA per la lavorazione che viene effettuata direttamente dal pescatore, e al momento siamo le uniche in Europa. Tra l’altro il 70 per cento di quanto vendiamo va ai Gas, i gruppi di acquisto solidale”.
Ad oggi sono infatti oltre 40 i GAS forniti, per lo più in varie province del centro-nord, ma è stato proprio il contatto con questo tipo particolare di clientela che ha aperto nuove prospettive stimolando proprio la nascita della cooperativa. ”I GAS avevano esigenze diverse rispetto ad altri tipi di clientela – prosegue Rady – era necessario che il pesce fosse pulito e confezionato; un lavoro a cui provvedevano le donne della truppa”. Con l’aumentare delle richieste aumentava pertanto anche il lavoro femminile, sino ad arrivare appunto all’idea di una cooperativa parallela a quella dei pescatori maschi, che da subito hanno appoggiato l’idea delle intraprendenti colleghe.
La cooperativa poi, come la “consorella” maschile Maestrale, pratica un’attenta pesca sostenibile, ovvero utilizza solo reti con maglie larghe, per permettere ai piccoli esemplari di scappare e riprodursi, catturando solo pesci grossi, che oltretutto hanno un mercato migliore. Naturalmente vengono rispettati appieno i ritmi biologici del pesce, praticando il fermo-pesca nei periodi più delicati, come quelli riproduttivi. A bordo poi viene fatta la raccolta differenziata, oltre che quella dei rifiuti che capitano nelle reti che poi vengono smaltiti a terra (mentre di solito “l’usanza” di molti pescatori è quella di ributtarli in mare). In questo modo si contribuisce a limitare lo spopolamento dei mari, almeno nella tratta da La Spezia a Viareggio, dove la cooperativa raccoglie il suo pescato.
I risultati di questo approccio sono stati molto positivi, tanto da portare questa azienda di “donne di mare” agli onori della cronaca e a ricevere una serie di riconoscimenti ufficiali, tra cui nel 2012 il prestigioso “Premio Marisa Bellisario” all’imprenditoria femminile.
Certo si tratta di un lavoro duro, dove la fatica non deve spaventare, ma ancora una volta la determinazione e la voglia di lavorare, unite ad un pizzico di fantasia e ad un approccio tutto basato sulla qualità si è dimostrato vincente anche in un settore ritenuto a torto “antiquato” e predominio dei soli maschi.
In attesa, infine, di realizzare l’ultimo sogno nel cassetto: un ristorante biologico di pesce, dove completare davvero il percorso “dal pescatore al consumatore”.
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