Sono trascorsi dieci giorni da quando ho attraversato il gate d’entrata all’estremo sud del Kruger National Park, uno dei Parchi più estesi e ricchi di fauna di tutta l’Africa.
Il primo giorno mi ha regalato lo straordinario avvistamento di tutti i big five (elefanti, rinoceronti, bufali, leoni e leopardi), completando quello che le guide locali usano chiamare il “poker day”. Ora mi trovo al lato opposto del Parco, nella regione del Limpopo, al confina con lo Zimbabwe.
Si dice che quest’area non sia popolata da molti animali, ma l’unica vera differenza rispetto al sud è che qui si incontrano pochi turisti. Un numero minore di occhi umani che scrutano tra la vegetazione si traduce in un’inevitabile riduzione di probabilità di avvistamento. È questa la vera ragione per la quale molti turisti si lamentano della scarsità di animali al nord del Kruger, senza rendersi conto che quasi sempre, durante un safari, ci si ferma attratti dalla presenza di altri turisti che con un po’ di fortuna erano capitati nel posto giusto al momento giusto.
Avvistare per primi le specie meno comuni è un evento raro per chiunque e in qualsiasi Parco d’Africa. Altra peculiarità certa dell’area più settentrionale del Kruger è rappresentata dal carattere poco amichevole degli elefanti, che a differenza dei cugini del sud, si spaventano e si innervosiscono facilmente alla vista delle auto. La ragione del loro atteggiamento è dovuta al fatto che questi esemplari si spostano tra Sudafrica e Mozambico, dove ancora oggi vengono cacciati dai bracconieri. Per i pachidermi la presenza di esseri umani, e dei loro mezzi, viene quindi automaticamente associata a un serio pericolo di vita.
Come ogni mattina, anche oggi ho lasciato la tenda alle 6 per uscire dal camp con le primissime luci dell’alba (i cancelli vengono aperti nell’istante in cui il sole supera la linea dell’orizzonte). Qui la temperatura dell’aria è ben più piacevole degli zero gradi che registravo al momento della sveglia quando mi trovavo a sud del Parco. Anche la presenza delle palme, sempre più numerose, contribuisce a rendere più esotico e piacevole il paesaggio.
Esco dal camp e mi muovo lentamente a bordo del mio Mitsubishi Pajero cercando di individuare ogni singolo movimento e ogni rumore. Attraversato un lento tratto di strada sterrata che serpeggia tra piante di mopane, trovo di fronte a me un fuoristrada fermo sul lato destro della pista. Il conducente si sporge dal finestrino e mi fa cenno di guardare a ore 2. All’ombra di una delle poche piante che non hanno ancora perso tutte le foglie, intravedo la forma di un bufalo maschio, anziano, che respira con affanno. Poi lo stesso signore si sporge ulteriormente e rivolge il suo braccio a ore 1. A una ventina di metri di distanza spuntano una serie di orecchie che si confondono con l’erba ingiallita della savana.
Individuo chiaramente cinque leoni, quattro maschi e una femmina, che, dopo essersi assicurati il pasto, stanno riprendendo fiato. Il bufalo ha le zampe posteriori sanguinanti e non sembra più in grado di correre. Mi posiziono per osservare la scena e preparo il materiale fotografico. Passano pochi minuti quando il bufalo, con un ultimo sforzo, si solleva sugli arti anteriori e inizia a trascinare il suo corpo nel tentativo di allontanarsi, puntando esattamente nella mia direzione. Percorre poco più di un paio di metri quando i leoni, attratti dal movimento sospetto, sollevano la testa per valutare la situazione, rendendosi così completamente visibili. Osservano immobili il bufalo senza dimostrare particolare preoccupazione.
Poi il povero animale agonizzante emette un verso straziante e tenta di accelerare, risvegliando l’istinto di una delle leonesse che assume il classico atteggiamento della caccia, con il corpo allungato e le zampe flesse, pronte a scattare. Si muove con estrema attenzione, consapevole che è sufficiente un’incornata da parte del bufalo per renderla paralizzata per sempre. Dopo essersi nascosta tra la vegetazione riappare all’improvviso alle spalle del bufalo e con un balzo va a conficcare le sue fauci affilate nella schiena del bufalo, sotto gli occhi degli altri leoni che intanto hanno deciso di seguirla. I due si avvicinano sempre più a me, fino ad arrivare a pochissimi metri di distanza. Dopo aver combattuto con tutte le sue forze il bufalo si arrende e si lascia cadere a terra, mentre anche gli altri felini raggiungono la scena.
Di quegli istanti non scorderò mai gli sguardi degli animali. Negli occhi della leonessa non c’erano cattiveria e crudeltà, mentre l’espressione del bufalo non trasmetteva odio e nemmeno paura. Nonostante l’evidente crudezza della scena tutto sembrava svolgersi in totale armonia e naturalezza, come se i protagonisti non stessero facendo altro che recitare un ruolo al quale non potevano sottrarsi.
Il momento dello scatto
Individuati il bufalo e i leoni, e compreso ciò che sarebbe potuto accadere, preparai rapidissimamente tutta l’attrezzatura fotografica che avevo a disposizione.
Dopo aver assicurato il super-teleobiettivo 500 f4 alla testa idraulica fissata al portapacchi, posizionai i restanti corpi macchina, con i rispettivi obiettivi, sul sedile al mio lato, in modo da essere pronto a scattare con ogni lunghezza focale.
La scena si sarebbe potuta svolgere a centinaia di meri di distanza come
al lato del mio fuoristrada. Mentre inquadravo la testa del bufalo con l’occhio destro, col sinistro tenevo sotto controllo i movimenti del branco di leoni.
Quando il bufalo iniziò a muoversi nella mia direzione e la leonessa partì all’attacco, ebbi modo di testare la rapidità dell’autofocus impostato in modalità continua. Per offrire il massimo dettaglio della scena e per assicurare una buona profondità di campo, in modo da mettere in risalto entrambi gli animali, optai per un diaframma f9, cioè a metà scala. La sensibilità del sensore impostata a ISO 200 mi permise di scattare con un tempo di 1/400 di secondo. Non potendo prevedere dove si sarebbe consumata la scena, se illuminata dal sole o all’ombra delle piante, impostai il modo di ripresa su A (priorità di diaframmi), così da lasciare all’automatismo la scelta della lettura della luce.
Dati tecnici
- Data: 06/08/2009
- Corpo macchina: Nikon D2x
- Obiettivo: Nikkor 500 f4
- Lunghezza focale al momento dello scatto: 500 mm
- Apertura diaframma: F 9
- Tempo otturatore: 1/400 sec.
- Compensazione esposizione: – 0,3
- Sensibilità sensore: ISO 200
- Modo di ripresa: A (priorità di diaframmi)
VIAGGI FOTOGRAFICI di Davide Pianezze:
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